Il PRESEPE VIVENTE

 

VAI ALLE IMMAGINI

 

  In moli borghi, piccoli e grandi d’Italia in occasione delle feste natalizie e della Epifania si allestiscono presepi viventi ai quali partecipano, come figuranti, gli abitanti stessi 

Fra i molti proponiamo quello di Morcone

  Arrampicandosi lungo il versante del Tammaro si arriva a Morcone  uno dei più suggestivi paesi del Sannio e della Campania

Poggiato sul versante  sud est del Matese l’antica MURCE, cittadella fortificata dei Sanniti, divenuta nel medio evo Morcone, domina il versante destro del fiume Tammaro.

 Paese di scale scenografiche ,di stradine tortuose e slarghi improvvisi, di volte e di archi rampanti, di ombre misteriose e tagli improvvisi di luce che irrompono all’improvviso, Morcone si presenta a chi viene dall’autostrada come un presepe

 Ecco perche quando viene rappresentato il presepe vivente nelle sue stradine si parla di “Presepe nel presepe”

In un ambiente suggestivo dominato dalla roccia della Prece un pubblico straripante segue in religioso silenzio l’Annunciazione, la Natività, l’arrivo dei magi: alla fine vi è la lunga  e sinuosa fiaccolata dei pastori che si recano a portare doni al Bambino Gesù rappresentato dall’ultimo bambino nato in paese

 

Il Presepe Vivente di Morcone, nasce verso la fine degli anni 70, portandosi dietro la tradizione fino ad oggi. Nell'anno 2000, gli fu assegnato il Primo Premio come miglior Presepe Vivente d'Italia dall'Associazione degli Amici del Presepe delle Madonìe (Associazione siciliana).

 

Quando San Francesco ideò il primo presepe forse era passato per Morcone. Permettendo un po’ di campanilismo non si può sottovalutare il fatto che chi giunge in questo paese o passa lungo la strada che corre verso Campobasso per un attimo vede materializzarsi il sogno di bambino, quando nel costruire il proprio presepe chiedeva ai genitori se quel luogo esisteva veramente. Morcone diventa così un paese o forse sarebbe meglio dire un’opera d’arte che custodisce in sé storia, tradizione e magia.

Casette arroccate sul pendio di una montagna, strade strette e con una pavimentazione ancora in pietra, donne ancora sedute sull’uscio a ricamare quasi nell’incessante lotta contro una urbanizzazione dilagante e una globalizzazione volta ad un appiattimento delle identità, rendono questo paese un tesoro per l’umanità, uno scrigno dove trovare un passato che qui è ancora fortemente presente.
Camminando lungo i vicoli del paese si respira una forte spiritualità, pastorelli per un giorno o forse figuranti di uno spettacolo costruito dall’uomo in perfetta sintonia con la natura, anche quando l’aria non sa di neve e il freddo non è pungente qui, senza chiudere gli occhi per abbandonarsi al sogno, ma restando semplicemente immersi nella realtà si vive il Natale.

Un presepe vivente 365 giorni all’anno, un esempio di spiritualità diffusa, sono ben ventiquattro le chiese che ancora oggi è possibile visitare, ma anche tutte quelle feste di contrade, patronali, vie Crucis che attirano turisti da ogni dove, che qui giungono anche per visitare i luoghi dove San Pio trascorse il suo noviziato.
Spiritualità e talvolta magia sembrano ancora oggi fondersi in questo paese ricco di tradizioni, feste e tanta tanta superstizione.

Un palcoscenico naturale dove attori comuni si alternano nella grande commedia della vita e che permette ai turisti di lasciarsi trasportare alla scoperta di pittoreschi balconi fioriti e sapori tipici.
L’incontro con il passato sembra consumarsi anche a tavola, dove già la semplice preparazione di un piatto sembra richiamare alla mente antichi riti familiari. Una cucina molto povera che grazie agli abbinamenti legati all’abilità di contadini e alla elaborazione degli artigiani del gusto permettono la nascita di quei piatti semplici ma di tradizione. È, infatti, ancora possibile lasciarsi conquistare da paste fatte in casa, tagliatelle, tagliolini, cavatelli, gnocchi, stivalette (impropriamente detti fusilli), taccozze, confezionate con le ottime farine locali impastate con le sole uova e condite con ragù o con sugo di pomodoro. E poi il formaggio pecorino della zona, le ricotte di primavera, le giuncate, ormai rarissime, un formaggio di latte caprino o vaccino, fresco o appassito. E per chiudere qualche buon panzarotto, rustico, fatto di ricotta o formaggio, uova e salame. Nella cucina povera i dolci comparivano solo nelle grandi occasioni: il pan di Spagna ricco di creme; un “caozoncello”, impasto di ceci sfarinati e cioccolato contenuto in mezze lune di pasta condita con miele; le scorpelle, tipico e semplice dolce di carnevale.

Cucina, tradizione, canti, luoghi tipici, religione e magia: niente può mancare all’interno del presepe vivente più grande del Sannio. Un paese dei balocchi dove tutto sembra essere messo al posto giusto, le locande, le piazze, le chiese e le fontane; un paese che sembra essere stato progettato non da un architetto qualsiasi ma da uno di quegli artigiani che ogni anno costruiscono, in quel di San Gregorio Armeno a Napoli, delle piccole opere d’arte o forse tanti piccoli paeselli come Morcone.

 

.