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LOTTA ALLA MAFIA

IN ITALIA DAGLI ANNI 80 

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La stagione dei maxiprocessi

 

L'INIZIO

 

Le efferatezze commesse durante la guerra di mafia di quegli anni, però, spinsero anche alcuni mafiosi a consegnarsi allo stato. Fra questi c'era il boss Tommaso Buscetta, che nel 1984 incontrò per la prima volta Giovanni Falcone. Buscetta scelse di fidarsi di quel magistrato e cominciò a parlare: sulle sue rivelazioni Falcone, Paolo Borsellino e il suo team - il famoso Pool antimafia ideato da Antonino Caponnetto - istruirono contro Cosa Nostra i maxiprocessi di Palermo, con oltre 1.400 imputati, sferrando il primo vero, duro colpo a Cosa Nostra. Il maxiprocesso era iniziato il 10 febbraio 1986 e si era concluso in primo grado il 16 dicembre 1987 con 342 condanne, 2665 anni di carcere e 19 ergastoli (tra cui Luciano Liggio, Bernardo Provenzano e Salvatore Riina), la sentenza d'appello ridimensionò il 30 luglio 1991 le condanne ma la Cassazione il 30 gennaio 1992 riconfermò tutte le condanne del primo grado che divennero realtà giudiziarie.

L'attacco allo Stato

Dopo questo primo processo ne seguirono altri, vi fu una stagione di veleni interni alla magistratura e alla politica italiana mentre la mafia cercava di riprendersi: nei primi anni Novanta il clan dei Corleonesi, che si era imposto nella guerra di mafia dei primi anni Ottanta, riorganizzò ciò che restava di Cosa Nostra e, dopo l'introduzione dell'articolo 41 bis che induriva il carcere per i reati di mafia, iniziò una stagione di ritorsioni terroristiche con la strage di via dei Georgofili a Firenze, la bomba alla pinacoteca di Milano e i due attentati a Roma (a San Giovanni in Laterano e a San Giorgio al Velabro).

I più famosi e terribili attentati restano però le stragi di Capaci, 23 maggio 1992, e di via d'Amelio, 19 luglio 1992, nelle quali hanno perso la vita Giovanni Falcone e Paolo Borsellino insieme alle loro scorte.

 La risposta dello Stato

All'indomani delle stragi in Sicilia come in tutta Italia c'è stato un risveglio della società civile che ha portato ad una durissima presa di posizione nei confronti della mafia. La paura, l'omertà e la tradizionale veste di Cosa Nostra sembravano essere scomparsi per la maggior parte della gente, stanca di tutto questo sangue. Migliaia di persone scesero in piazza e nelle strade a manifestare, moltissime finestre e terrazze furono coperte da lenzuoli e cartelli contro la mafia, la così detta rivolta dei lenzuoli. Quasi ogni giorno, e quasi in ogni luogo, c'erano lezioni sulla legalità e di educazione civica, nelle quali il posto da insegnante era preso da Magistrati e Giudici antimafia o da parenti delle vittime. A questo va aggiunta la risposta militare dello stato che con l'operazione "Vespri Siciliani" inviò nell'isola ben 20.000 soldati (dal 25 luglio 1992 all'8 luglio 1998) per presidiare gli obiettivi sensibili come tribunali, case di magistrati, aeroporti, porti ecc.; per citare le parole di Francesco Forgione: "la Sicilia del dopo stragi somiglia più alla Colombia che non all'isola libera, aperta, gioiosamente mediterranea che abbiamo conosciuto da secoli". Il ruolo svolto dall'esercito, nonostante le numerose critiche di aver "militarizzato l'isola", fu ampiamente positivo nel campo della sicurezza urbana. Ci fu una riduzione dei crimini e anche alcuni arresti eccellenti come Toto Riina e Leoluca Bagarella. Inoltre la presenza dell'esercito liberava la polizia da compiti di sorveglianza in modo che tutte le unità fossero usate per le indagini. A tutto questo va aggiunto l'arrivo a Palermo, di Gian Carlo Caselli, come procuratore della Repubblica, lo stesso giorno dell'arresto di Riina, il 15 gennaio 1993. L'azione della procura venne rilanciata, oltre che per i motivi già citati (sostegno popolare e presenza dell'esercito) anche grazie all'azione di questo magistrato esperto. In questo modo fu spezzato il sistema grazie al quale la Mafia poteva svolgere le sue attività indisturbata.

Situazione odierna

Sembrano passati secoli da quegli anni, in realtà sono passate solo poche dozzine di mesi, ma il panorama Siciliano sembra essere brutalmente cambiato. Anche se "Cosa Nostra" non è più visibile come una volta questo non significa che essa sia scomparsa, infatti ha preferito allontanarsi dal clamore per continuare ad agire più efficacemente sottotraccia (strategia dell'inabissamento). Questo non significa che la mafia sia meno pericolosa, essa continua infatti ad avere contatti (poiché "crocianamente" si potrebbe dire che per la sua stessa strutturazione non potrebbe non continuare ad averne) con il mondo politico. Senza più il sostegno della società civile anche le attività di indagine delle forze dell'ordine e della magistratura non producono rilevanti risultati, come se Cosa Nostra fosse stata finalmente debellata; sebbene negli ultimi anni la lotta alla mafia sia ripresa con una certa incisività delle forze dell'ordine, nessuno può sostenere che la mafia sia stata debellata definitivamente. Non c'è più neanche la volontà politica di dare la caccia alla mafia e ai mafiosi, un punto questo che non è priorità né nei programmi di destra né in quelli di sinistra. Una volontà emersa ed espressa dalle parole scioccanti del ministro Lunardi nel maggio 2002 nelle quali si dichiarava la necessità di convivere con la mafia. Tutto questo unito al discorso del Commissario dell'ONU per la lotta al crimine e alla droga, Pino Arlacchi, al vertice delle Nazioni Unite sulla criminalità e narcotraffico, nel quale egli afferma che nel 2010 la mafia sarà definitivamente sconfitta.

Provenzano e Post Provenzano

A partire dagli anni novanta Bernardo Provenzano, con l'arresto di Totò Riina e Leoluca Bagarella, diviene il capo di Cosa nostra (era il braccio destro fin dagli anni ottanta). Cambia radicalmente la politica e il modus operandi negli affari della mafia siciliana; i mandamenti (divisioni mafiose delle zone di influenza in Sicilia) più ricchi cedono i loro guadagni a quelli meno redditizi in modo di accontentare tutti (una sorta di stato sociale), evitando inutili guerre. Tutto è controllato da un boss con il carisma di Provenzano che gestisce in modo impeccabile l'organizzazione. La mafia ora non è più ricca come ai tempi dei grandi traffici internazionali ed è per questo che in Sicilia è diventata più oppressiva e capillare.

L'11 aprile del 2006, dopo 43 anni di latitanza (dal 1963), Provenzano viene catturato in un casolare a 2km da Corleone.

Le strade che si ipotizza potrebbe intraprendere Cosa nostra sono due: la prima prevede un passaggio di poteri, che potrebbe far ritornare al vertice di Cosanostra a un palermitano o a un trapanese, con l'elezione di un nuovo capo del livello e capacità di Provenzano per continuare allo stesso modo la gestione dell'organizzazione; si pensa così a Matteo Messina Denaro, 43 anni (latitante dal 1993), boss di Trapani come suo padre Francesco, oppure a Salvatore Lo Piccolo, latitante da 25 anni, capo indiscusso di Palermo.

La seconda ipotesi è una sorta di riorganizzazione della mafia sul modello calabro: nessun supercapo ma ognuno con capacità gestionale autonoma dei proventi ricavati dal proprio territorio. È stato osservato che questo potrebbe portare a nuove guerre di mafia (difatti l'Ndrangheta di recente ha una sorta di commissione, composta dai capi più influenti di ogni 'ndrina che decidono i grandi affari e sedano le faide).

 

Giovanni Falcone

 

Giovanni Falcone (Palermo18 gennaio 1939 – Capaci23 maggio 1992) è stato un magistrato italiano, molto attivo nella lotta contro la mafia.

Figlio di Arturo Falcone, direttore del Laboratorio chimico provinciale, e di Luisa Bentivegna, aveva due sorelle maggiori, Anna e Maria. Giovanni Falcone studiò al liceo classico "Umberto" e successivamente, dopo una breve esperienza all'Accademia Navale di Livorno, iniziò a studiare Giurisprudenza all'Università degli studi di Palermo dove si laureò magna cum laude nel 1961, con una tesi sulla "Istruzione probatoria in diritto amministrativo".Vinse il concorso in magistratura nel 1964 e per breve tempo fu pretore a Lentini e poi sostituto procuratore a Trapani per 12 anni. Qui, poco a poco nacque in lui la passione per il diritto penale. Approdò a Palermo e dopo l'omicidio del giudice Cesare Terranova cominciò a lavorare all'Ufficio istruzione. Il consigliere istruttore Rocco Chinnici gli affidò, nel maggio 1980, le indagini contro Rosario Spatola: era un lavoro che coinvolgeva anche criminali negli Stati Uniti e che era osteggiato da alcuni altri magistrati. Alle prese con questo caso, Falcone comprese che per indagare con successo associazioni mafiose era necessario basarsi anche su indagini patrimoniali e bancarie, per ricostruire il percorso del denaro che accompagnava i traffici e ricostruire un quadro complessivo del fenomeno e per evitare la serie di assoluzioni con cui si erano conclusi i precedenti processi contro la mafia. Si può considerare una svolta, per la conoscenza non solo di determinati fatti di mafia, ma specialmente della struttura dell'organizzazione Cosa nostra, l'interrogatorio iniziato a Roma nel luglio 1984 in presenza del sostituto procuratore Vincenzo Geraci e di Gianni De Gennaro, del Nucleo operativo della Criminalpol, del "pentito" Tommaso Buscetta.

Le indagini portate avanti da Falcone e dal pool di magistrati da lui creato, sull'esempio di quelli organizzati contro il terrorismo pochi anni prima, portarono ad istruire il primo Maxiprocesso fatto a Palermo (che terminò il 16 novembre 1987) contro la mafia, che vedeva imputate 475 persone. Dopo l'omicidio di Giuseppe Montana e Ninni Cassarà nell'estate 1985, stretti collaboratori di Falcone e Borsellino, si cominciò a temere per l'incolumità anche dei due magistrati, che furono indotti per motivi di sicurezza a soggiornare qualche tempo con le famiglie presso il carcere dell'Asinara.

Nel gennaio 1985 il Consiglio Superiore della Magistratura, nella votazione fra Falcone e Antonino Meli, basandosi sull'anzianità di servizio, nominò il secondo a capo dell'Ufficio istruzione, in luogo di Caponnetto che aveva lasciato l'incarico per raggiunti limiti di età. Da questo momento in poi Falcone e il suo pool dovettero fronteggiare un numero sempre crescente di ostacoli alla loro attività: persino la Cassazione sconfessa l'unitarietà delle indagini in fatto di mafia affermata da Falcone e dall'esperienza del suo pool; in questo periodo si svolge anche la vicenda del "corvo", una serie di lettere anonime diffamanti il Pool antimafia

e i suoi membri. Nell'autunno 1986 Meli sciolse ufficialmente il pool. Qualche tempo dopo Claudio Martelli, allora vicepresidente del Consiglio e ministro di Grazia e Giustizia ad interim, gli offrì di dirigere la sezione Affari Penali del ministero e Falcone accettò.

In questo periodo, che va dal 1991 alla sua morte due anni dopo, Falcone fu molto attivo, cercando in ogni modo di rendere più efficace ed incisiva l'azione della magistratura contro il crimine.

 La strage di Capaci

Falcone muore nella strage di Capaci il 23 maggio 1992. Una carica di 500 chili di tritolo fa saltare in aria l'auto blindata su cui viaggiano lui e la moglie, insieme al tratto di autostrada su cui stanno transitando. Insieme a Falcone e alla moglie Francesca Morvillo, magistrato anche lei, muoiono gli agenti di scorta Rocco Di Cillo, Vito Schifani e Antonio Montinaro. All'esecrazione dell'assassinio, il 4 giugno si unì il Senato degli Stati Uniti, con una risoluzione (la n. 308) intesa a rafforzare l'impegno del gruppo di lavoro italo-americano, di cui Falcone era componente.

Al magistrato sono state dedicate molte scuole e strade. A Falcone e al suo collega Paolo

Borsellino è stato dedicato anche l'Aeroporto di Palermo-Punta Raisi

 

Paolo Borsellino

 

Paolo Borsellino (Palermo19 gennaio 1940 – Palermo19 luglio 1992) è stato un magistrato italiano  assassinato dalla mafia.

Nasce a Palermo in un quartiere povero: La Kalsa, dove vivono tra gli altri Giovanni Falcone e Tommaso Buscetta. Dopo aver frequentato il liceo classico "Meli", Borsellino si iscrive a Giurisprudenza a Palermo. Il 27 giugno 1962 all'età di 22 anni Borsellino si laurea con 110 e lode, pochi giorni dopo scompare suo padre. Borsellino si impegna con l'ordine dei farmacisti a tenere la farmacia del padre Diego fino al raggiungimento della laurea in farmacia della sorella Rita.

Nel 1963 Borsellino supera il concorso per entrare in magistratura. Nel 1967 diventa pretore a Mazara del Vallo. Nel 1969 è pretore a Monreale, dove lavora insieme ad Emanuele Basile. Nel 1975 viene trasferito a Palermo e a luglio entra nell'ufficio istruzione affari penali sotto la guida di Rocco Chinnici.

Il 1980 vede l'arresto dei primi sei mafiosi grazie all'indagine condotta da Basile e Borsellino, ma nello stesso anno arriva la morte di Emanuele Basile e la scorta per la famiglia Borsellino.

In quell'anno viene costituito il pool antimafia, dove lavorano, sotto la guida di Chinnici, tre magistrati (Falcone, Borsellino, Barrile) e due commissari (Cassarà e Montana). Tutti i componenti del pool chiedono espressamente l'intervento dello Stato,

Il 29 luglio 1983 viene ucciso Rocco Chinnici nell'esplosione di un'autobomba e pochi giorni dopo arriva da Firenze Antonino Caponnetto. Il pool vuole una mobilitazione generale contro la mafia. Nel 1984 viene arrestato Vito Ciancimino e si pente Tommaso Buscetta. "Don Masino" come viene chiamato nell'ambiente mafioso viene arrestato a San Paolo del Brasile ed espatriato in Italia.

Buscetta descrive una mafia di cui fino ad allora si sapeva poco o nulla e la descrive in maniera molto dettagliata. Nel 1985 però vengono uccisi da Cosa Nostra, a pochi giorni l'uno dall'altro, i commissari Beppe Montana e Ninni Cassarà. Falcone e Borsellino vengono trasferiti nella foresteria del carcere dell'Asinara, dove iniziano a scrivere l'istruttoria per il maxiprocesso. Si seppe in seguito che l'amministrazione penitenziaria richiese ai due magistrati il rimborso spese ed un indennizzo per il soggiorno trascorsovi.

Il 19 dicembre 1986 Borsellino viene trasferito alla Procura di Marsala. Nel 1987 Caponnetto lascia il pool per motivi di salute e tutti (Borsellino compreso) si aspettano la nomina di Falcone, ma il Consiglio Superiore della Magistratura (CSM) non la vede nella stessa maniera e nasce la paura di vedere il pool sciolto.

Borsellino parla dovunque e racconta quel che accade alla procura di Palermo: per questo motivo rischia il provvedimento disciplinare e solo grazie all'intervento del Presidente della Repubblica Francesco Cossiga si decide di indagare su ciò che succede nel palazzo di Giustizia.

Il 31 luglio il CSM convoca Borsellino che rinnova accuse e perplessità. Il 14 settembre Antonino Meli diventa (per anzianità) il capo del pool; Borsellino torna a Marsala, dove riprende a lavorare alacremente e insieme a giovani magistrati, alcuni di prima nomina. Inizia in quei giorni il dibattito per la costituzione di una Superprocura e su chi porne a capo. Falcone va a Roma per prendere il comando della direzione affari penali e preme per l'istituzione della Superprocura.

Con Falcone a Roma, Borsellino chiede il trasferimento alla Procura di Palermo e l'11 dicembre 1991 Paolo Borsellino, insieme al sostituto Ingroia, torna operativo alla Procura di Palermo.

Il 23 maggio 1992 nell'attentato di Capaci perdono la vita Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Antonio Montinaro, Vito Schifani e Rocco di Cillo.

 La strage di via d'Amelio

Il 19 luglio 1992, dopo aver pranzato a casa di amici, Paolo Borsellino si reca insieme alla sua scorta in via D'Amelio, dove vive sua madre.

Una Fiat 126 parcheggiata nei pressi dell'abitazione della madre con circa 100 kg di tritolo a bordo esplode, uccidendo oltre a Paolo Borsellino anche Emanuela Loi (prima donna della Polizia di Stato caduta in servizio), Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cusina e Claudio Traina. L'unico sopravvissuto è Antonino Vullo. Pochi giorni prima di essere ucciso, durante un incontro organizzato dalla rivista Micromega, Borsellino parlò della sua condizione di "condannato a morte". Sapeva di essere nel mirino di cosa nostra e sapeva che difficilmente la mafia si lascia scappare le sue vittime designa