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RITORNO A SETTEFRATI  

 

A SETTEFRATI

 

Finalmente vedo la mia valigia col fiocco verde e mi accosto per ritirarla. Non faccio in tempo passa piu` veloce di me. Cerco di inseguirla allungandomi attraverso la fila di viaggiatori, nessuno si sposta per farmi largo. La valigia passa senza essere ritirata.

Dovro` aspettare il ritorno. Ormai ci sono abituata, la galanteria o la gentilezza sparisce all’aeroporto. Sara` la stanchezza, la confusione, il frastuono o non so, ma all’aeroporto sono tutti per se`uomini e donne. giovani e vecchi. Fui quasi l’ultima a ritirare il bagaglio, per fortuna trovai un carrello, l’avevano lasciato una giovane coppia che si tenevano per mano e si guardavano negli occhi dimentichi  di tutto. Ah! l’amore.

La valigia piu` grande e` abbastanza pesante  cerco di tirarla su per metterla nel carrello ma non ci riesco, riprovo un altra volta e ancora non ci riesco. Mi volto attorno, avvisto  due guardie in uniforme  appoggiati  al muro che chiacchierano. Mi volgo verso di loro ma non mi notano? o fanno finta di niente? Non so. Ma restano a guardare e chiacchierare. 

Finalmente  arriva un addetto, prende la valigia con una mano e la deposita  

nel carrello come se fosse una borsetta. Non e` pesante mi dice. No, per lui no. Pero` i 25 kilogrammi sono abbastanza pesanti per me e poi  ho anche la borsa e la valigia carry on. Do` una occhiata attorno la sala e quasi vuota di passeggeri eccetto la giovane coppia che si abbracciano e sbaciucchiano. A loro dei bagagli non importa proprio niente. Finalmente esco nella sala d’aspetto dove attendono tutti i parenti.

 Appena i miei mi vedono: ma sei sempre l’ultima tu? . Lo sanno, succede spesso. Dopo i saluti e baci e abbracci ci avviamo verso la macchina. Partiamo. Seduta comoda nella macchina solo ora mi cala l’enorme stanchezza che sento. Sono sveglia da ieri mattina alle sei ed ora e` il giorno dopo quasi mezzogiorno. Sono stata sveglia per circa 30 ore. Vorrei parlare, conversare, fare domande e loro a me  ma appena imboccata l’autostrada casco dal sonno. I parenti mi svegliano quando siamo in un ristorante. Ancora stordita non mi va nemmeno di mangiare. Pizzico un po` di questo e un po` di quello che non ricordo nemmeno. Pero` il caffe`lo bevo volentieri. Loro parlano ma io sento solo un ronzio confuso. Finito il pranzo riprendiamo l’autostrada. Da lontano appaiono i monti tanto cari. Le alte montagne verdi di fiorenti boschi e la stradina che si snoda attraverso la montagna. Siamo nel conosciuto e familiare. Per noi che viviamo in zone piane e le montagne le vediamo raramente, queste mi sembrano che crescono e si alzano di piu` ogni anno che torno. Adesso eccitata non sento piu` sonno. Ogni svolta della strada rivela tralci di paesi familiari. All’uscita dell’autostrada siamo a Cassino. Imbocchiamo la strada di Atina inferiore e subito saremo al paesello amato.

Settefrati  si vede da lontano un paesotto di strana forma appollaiato ai lati della montagna. Stiamo per arrivare, la stradina che passa sotto il paese riesce  all’imboccatura della piazza e la` in fondo c’e`la casetta mia. Solo che non la vedo la mia bella casetta , sta nascosta dietro le macchine parcheggiate davanti fino all’uscio. Per entrare dobbiamo passare di lato tra due macchine.

E la targa che dice “vietato parcheggio” proprio davanti a casa?

La guardano ridono e parcheggiano lo stesso. “Ci pensero` domani” disse Rosella.

Bene per lei, bene anche per me.

L’autista rientra le valigie e me le sistema al piano di sopra. La casa e` bella e pulita. Prima che son partita ho telefonato alla donna di servizio, ha fatto il sopralluogo, ha pulito e messo a posto. Crollo esausta sul lettino candido. Dormii un bel po`.

 

Delia Socci Skidmore