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RACCONTI AMERICANI 

 

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IL SUPERMERCATO

 

Il venerdi sera era dedicato allo shopping al supermarket.

Appena dopo cena e sparecchiato la donna di casa munita della lista della

spesa già preparata prima, dava un ultima occhiata nella dispensa per assicurarsi che quel che mancava era stato gia` scritto. Poi  zia apriva la borsetta per controllare se aveva con se` tutti i coupons per i specials. Zia  aveva una fissazione per i coupons o “cuponi” come diceva lei, che venivano pubblicati sui quotidiani . Il giorno della pubblicazione spandeva il giornale aperto sul tavolo in cucina e controllava uno per uno i taglianti e decideva quella merce che avrebbe comprato con i taglianti. Se un tagliante offriva risparmi piu` di un altro lo tagliava subito e lo poneva da un lato per utilizzarlo anche se  la valuta del tagliante era per qualche cosa che

lei non avrebbe mai usato pero` col risparmio avrebbe trovato un valido uso.

Se poi c’era piu` di uno per la stessa merce ma assegnato solo uno per famiglia

allora me lo passava a me. Io poi dovevo fare una porzione dello shopping per utilizzare l’altro.  Infatti utilizzare al massimo i coupons era diventato un rito

o meglio una gara tra lei e i venditori. Zia sapeva ogni modo possibile per

risparmiare. Quando arrivava al check out diceva che aveva dimenticato a casa il tagliante   pero` insisteva lo stesso allo sconto, quasi sempre veniva concesso.

 Poi magari qualche giorno dopo tornava col coupon “dimenticato” e prendeva un

altro sconto. Zia era diventtaa maestra nell'artte di utilizzare i  i taglianti .

Erano I primi tempi dei supermercati e non erano ancora automatizzato

come ora. Ora sarebbe impossibile visto che i taglianti appena presentati

vengono scannerizzati  e cancellati. 

A me toccava spingere il carrello quando andavo con zia. Mio zio Tony ci accompagnava in macchina e ci lasciava poi veniva a riprenderci  poco dopo.

Il carrello, come il supermercato, era del tutto sconosciuto  da noi venuti da poco.

Cercavamo di adoperaci come si poteva  in un mondo strano e diverso.

Non era sempre facile adottare nuovi usi e nuovi costumi, rimanevamo legati a quel che era stato per noi  tanto semplice e normale ma lo stesso non si poteva applicare nella nuova terra. Ora c’e Leone Di Porto fornitissimo di ogni ben di Dio ma allora non si conosceva nemmeno l’idea di un supermercato.

La nostra comunita`maggiormente  contadina , non eravamo presi dallo stretto controllo orario. In paese quando ti serviva qualcosa prendevi ed andavi  al negozio pagavi  con quei pochi soldi che le donne portavano nella saccoccia dello zinale.  Le vecchie mille lire, quelle grandi come un fazzoletto li portavano gelosamente conservati  dentro al busto del costume, i pochi fortunati che le avevano naturalmente . Altri che non avevano ne` soldini in tasca ne` `Mille Lire in petto compravano solo l’assoluto necessario per sopravvivere. Ora non ricordo  mai uno sconto o un coupon ai bottegai del paese pero` concedevano credito con solo una fievole speranza che un giorno forse…….forse l’avrebbero pagato.

C’era piu`di un negozio ed ogni negozio frequentato dai loro particolari  clienti.

La merce era esposta  in scatoloni e in vetrine non sempre puliti 

La merce veniva presa e pesata dal padrone del negozio avvolta in un cartoccio e portata a casa in mano o nel grembiule . Il carrello non solo non si conosceva , ma non si aveva assoluto  bisogno.

Tra le due comunita`quella che avevamo lasciata e la presente c’erano enorme differenze sociali e ambientali spesso in conflitto. Era come aver sceso da una

montagna in pianura e poi dover risalire un altra aggrappandosi  con mani e

piedi per raggiungere la cima. La cima dell’ambientamento del capire la nuova

cultura  accettarla e applicarla nella vita quotidiana. Accettarla, questo era il difficile.

Accettarla era come una rinuncia, un tradimento, quasi, delle nostre origini.

Per quanto noi giovani avremmo voluto ambientarci e fare “le americane”

c’erano sempre quei sentimenti innati e profondi tanto difficile a trascurare.

 

Allora a me quando mi davano il carrello da spingere sbuffavo e mi tiravo indietro

sperando che lo prendesse qualcun altro. Avrei voluto rifiutare tanto mi dava fastidio. Mi ricordava la carretta dello scopino del paese  con la ruota arrugginita

che cigolava quanto spinta sul falciato.

Il cigolio stridente in contrasto col fischiare e canticchiare dello spazzino  Si fermava

spazzava con la scopa di rametti di non so quali rovi legati a una lunga mazza  puliva e poi riprendeva il suo commino fischiettando.

Ma era diventato mio compito spingere il carrello seguendo zia nelle isole del grande negozio. No, no avrei ne` fischiato ne` canticchiato mentre spingevo ma forse piu` di una volta l’avrei spinto un po` troppo contro il tallone di chi mi stava davanti o lo sbattevo agli angoli dello scaffale. Zia credeva che ero distratta e non sapevo dove

andavo e mi avvertiva di fare piu` attenzione . 

Il supermercato era pieno di una vastissima varieta` di merce e cibo tutta sistemata in pulitissimescaffali  e nemmeno l’ombra di una mosca. Scansie fornite di frutta di ogni varieta`sia d’inverno che d’estate. Era meraviglioso fermarsi scegliere da te il meglio della frutta e verdura. Lo potevi prendere girarla fra le mani palpare e poi riposarla e scegliere un altra migliore.  Questa era la norma.

Non cosi al paese, quei pochi che potevano permettersi il lusso di comprare frutta e verdura chiedeva la quantita` al padrone del negozio. Lui sceglieva pesava e consegnava. Solo dopo che lo portavi a casa ti accorgevi

che nel cartoccio c’era anche frutta quasi marcia.

Pagare per la spesa al supermercato era molto interessante.

Avevano calcolatrici  elettriche con il finestrino di vetro e quando la commessa

pressava sui tasti il prezzo appariva al finestrino che era controllato attentamente

da chi comperava.  Finito tutto sistemavamo le buste piene nella macchina  e via  casa. La routine del venerdi sera era finita…………quasi.

Quando rientravamo a casa avevo notato che chiunque sedeva attorno al tavolino in cucina si alzava frettolosamente e si ritirava in sala. Come sono discreti,pensavo, se ne vanno per facilitare il compito di sistemare la spesa senza nessun inciampo. Ma mi sbagliavo. Loro, gli uomini, si allontanavano dalla cucina per non essere presi a dover fare il conto di nuovo. Zia Giovannina sempre attentissima al consumo e pensando che anche con le calcolatrici  elettriche il conto poteva essere sbagliato, rifaceva il conto a mano .

Allora il procedimento prima di mettere via la spesa era di svuotare una busta la volta e sistemare il contenuto sul tavolo. Poi zia prendeva lo scontrino e con una matita controllava i prezzi mentre io leggevo quelli stampati sulla merce. Se tutto andava bene cioe` se il prezzo sullo scontrino era uguale a quello che avevo dato io leggendoli sui barattoli, solo allora potevamo sistemare la merce nello stipo in cucina. Se poi si trovava uno sbaglio anche di 25 cent. a favore del supermercato allora si riportava tutta la merce indietro per rifare il conto . I check out spesso erano piu` precisi di noi  e non trovavano nessun errore ma qualche volta si` e allora restituivano anche 10 cent.  Per mia zia era un trionfo personale provare che sapeva contare meglio di qualsiasi calcolatrice elettrica e non solo magari ci guadagnava un 25 soldini.

Io quando la assistevo a rifare i conti  e ricontare tutto un centesimo la volta ripensavo a nonna Rosa che andava sempre anche lei addizionando e sottraendo.

Solo che nonna, benchè  fosse un genio a fare i calcoli non sapeva scrivere e contava tutto con le dita e con la mente e ci riusciva sempre perfettamente.

Forse mia zia aveva ereditato quella dote (?) dalla mamma. 

Delia Socci Skidmore