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RACCONTI AMERICANI 

 

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LA ZONA POVERA DELLA CITTA’.

 

L’integrazione nella societa’ e ambientazione nella citta’ di residenza creava c responsabilita’particolari.

I nostri parenti erano stati bravi e premurosi al principio qiprimi   tempi del nostro arrivo, ci accompagnavano ovunque dovevamo recarci per qualsiasi occasione o per qualsiasi ragione.

Ci avevano insegnato come spostarsi da un punto all’altro anche come leggere il nome delle vie posti sui muri ad ogni ancolo. Avevamo imparato  anche come leggere le targhe della strada, almeno le piu’ semplici come: STOP-- GO –ADVANCE- TURN RIGHT-- TURN LEFT. Le strade erano molto  trafficate,le macchine sfrecciavano velocemente su e giu.  Bisognva fare attenzione dove e quando  attraversare. A ripensarci ora sembra  strano che uno non sappia come attraversare la strada specialmente perche’ le strade erano abbastanza larghe fiancheggiate da marciapiedi e il semaforo ad ogni crocevia. Ma ricordate che non sapevamo le regole, non sapevamo il significato dei vari segnali di strada e non sapevamo nemmeno  leggerli.......non ancora.

Nei nostri piccoli paesi originari di macchine ce ne erano poche non andavano

veloci e in piu’ si fermavano per far passare la gente, animali e carri di contadini . I semafori non c’erano, non sarebbero serviti.

I nostri amici e parenti ci avevano indicato la via , il percorso da prendere per i posti piu’ frequentemente visitati dai nuovi arrivati.

Ora restava a noi prendere  l’iniziativa e andare senza accompagnamento

nei posti dove la vita esigeva. Per facilitare l’impresa avevamo formati gruppi di paesani e non paesani, formate nuove amicizie nate dalla necessita’ del bene comune  che ci associava.

Noi che lavoravamo nella fabbrica delle borsette eravamo il gruppo piu’ numeroso. C’incontravamo al mattino di buon ora al primo crocevia  di chi abitava  piu’ lontano dalla fabbrica. Poi ci avviavamo insieme e man mano ci incontravamo con altri operai che ci aspettavano per unirsi a noi fino alla fabbrica. Il cammino era quasi un ora ma insieme non ci si facevamo caso. Strada facendo parlavamo della nuova vita e come avevamo trovato tanto diverso da quando avevamo immaginato. Altri che erano venuti prima di noi ogni tanto nel discorso intromettevano qualche parola d’inglese per vantarsi di quanto avevano gia’ imparato ben sapendo che noi ancora non eravamo arrivati  a “quell’altezza”.Quanto li sentivo mi dava fastidio non capirli e rinnovavo la promessa fatta a  me stessa di imparare la lingua al piu’ presto possibile.

 Ma prima ancora di parlare di cose varie e generali i paesani si scambiavano notizie e novita’ appena arrivate dal paese.

Ogni lettera che arrivava dalle famiglie portava notizie e saluti non solo dal

mittente al destinatario,ma anche da altre mamme che si erano distaccate dai

figli in un estremo sacrificio per  “aprirci il passo” per la promettente  Nuova Terra. Era sempre  commovente  sapere che la mamma ci pensava che ci mandava tante benedizioni e che sentiva la nostra mancanza.

Erano tenere parole che venivano piu’ facile a scrivere che dette in persona. Se a qualcuno di noi ci scappava  una lacrima  al pensiero della mamma lontana gli altri ci davano conforto e ritornavamo a camminare con passi svelti.

Il cammino verso il posto di lavoro ci portava a passare nei posti piu’ poveri e degradati della citta’. Le vie erano sporche  e sparse d’immondizia.

Le abitazioni erano vecchie e decadenti le mura  sovrapposte con  tavole di legno per ricoprire i punti piu’danneggiati. Dalle finestre pendevano tendine vecchie e logore. Anche i marciapiedi erano tutti sgretolati. In diretto contrasto con le vie pulite e le abitazioni ben mantenute nella zona ora abitata dagli italiani:La “West Side”.

Ma quello che colpiva di piu’ erano gli uomini e donne seduti davanti le case chi anche sdraiato sui marciapiedi a quell’ora del mattino consumavano birra e wiskey tra sudiciume e miseria .

Era una scena di cui noi di piccoli paesi non eravamo abituati a vedere.

e specialmente non le donne a bere cosi .Fu un altro shock culturale inaspettato che ci fece ritrarre un po’ sui nostri passi. Quando ci avvicinavamo al quel posto

passavamo all’altro lato della strada per evitare quei marciapiedi. Erano quasi tutti  afro/american i piu’ poveri  e abbandonati  della societa’.

So che tutti , mentalmente, ci facemmo la stessa promessa:”Faro’del tutto  per non cadere mai in quelle condizioni”.e con passo piu’ agile e rinnovata volonta’di riuscire si percorreva l’ultimo stralcio della strada per arrivare al lavoro.

 

 

Delia Socci Skidmore