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PRIME ESPERIENZE IN  AMERICA

 

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AMBIENTARSI.

 

L’ambientamento nella nuova citta,’nella nuova terra andava avanti con regolarita’.  Nato dalla necessita’di andare e venire dove la vita quotidiana richiedeva , senza eccessivamente disturbare i parenti che ci  ospitavano e gia' facevano tanto per noi.

Ci spingeva anche la curiosita’ di scoprire questa nuova citta’cosi diversa dal nostro paese.

Non per caso i paesani abitavano nella stessa zona chiamata  West Side. Era in quella parte centrale della citta’ove i primi emigrati italiani si erano stabiliti  e quando siamo arrivati noi con l'afflusso dell’emigrazione del dopo guerra abbiamo trovata una societa’ costituita  e organizzata. Nella West Side  si erano aperti piccoli negozi di salumeria  e generi alimentari dove i proprietari parlavano un dialetto strano, un miscuglio tra parole americane mal pronunciate e parole derivate da dialetti di ogni regione dell’Italia Settentrionale. Per esempio le due anziane sorelle che gestivano un negozio di generi alimentari erano di origine italiana nate in America. Ma per agevolare la nuova clientela si sforzavano di parlare quel che chiamavano “taliane”. In negozio quando ci vedevano entrare ci accoglievano con un “bon giorn commo sta?”.Noi ci davamo occhiate  sott’intese e deridevamo le brave donne per quel dialetto di nessun paese.

Poi per  far vedere come  NOI avevamo imparato  subito rispondevamo:”gud moni”

le donne non ridevano del nostro storpiato “good morning”.Non dimentichero’ mai

il giorno che un uomo venne a fare la spesa  per la zia. Chiese alle donne una dozzina di “legs”.Non capirono  e glielo fecero ripetere, e lui “na dozina de legs”.Ovvero “a dozen of leggs”continuarono a non comprendere perche’ l’uomo chiedeva una “dozzina di gambe” e pensavano che lo faceva apposta per prendere in giro le due anziane sorelle.

Cosi si dice gambe in inglese:legs. Irritato che nessuno lo capiva l’uomo comincio’ a fare gesti con le mani. Gesticolare e fare segni a ando’ anche peggio per lui. Era diventato tutto rosso in viso ma insisteva , non poteva tornare a casa senza l’acquisto per la zia. Stizzito grido “coccode’ coccode”. Allora capirono che voleva una dozzina di uova (eggs) e non una dozzina di gambe (legs). Scenette simili si ripetevano spesso nei primi tempi.

La domenica pomeriggio, con le amiche ci incontravamo per fare passeggiate ed esplorare i dintorni del nostro vicinato. Spesso spinte dall’euforia del momento

ci inoltravamo per strade e vicoli poco conosciuti. Poi ci  si smarriva e ci prendeva il panico. Qualche passante se ne accorgeva  e ci indicava la via del ritorno. Fu cosi che scoprimmo anche un bel parco non lontano dalle nostre abitazioni. Era frequentato da ragazzi della stessa nostra eta’. Divento’ subito  il luogo d’incontro per la domenica pomeriggio. Conoscemmo altri ragazzi e cominciarono a nascere simpatie e rapporti amichevoli. Io ne parlavo con mia zia, lei mi diceva che andava bene parlare all’aperto con i  ragazzi  ma  di non appartarmi con nessuno.

Quando ci sentivano piu’ avventuriere andavamo al cinema.

Ma per andare al cinema era necessario il permesso delle zie. Erano tutte uguali le  nostre zie davano il permesso solo dopo aversi assicurate che saremmo andate insieme e tornate insieme e solo noi girls non i boys. Noi promettevamo ben sapendo che i boys ci aspettavano dentro. Al cinema la pellicola si proiettava di continuo. Potevamo restare quando volevamo con lo stesso biglietto d’entrata. Ognuna pagava il proprio biglietto, poi mettevamo  i soldini insieme e compravamo un pacchetto di chewing gum  e le dividevamo. Dentro ci accomodavamo nelle poltrone di velluto rosso e blu a vedere il film  masticando chewing gum proprio come i giovani americani.

Forse era  quel senso di appartenenza , predominante presente nei giovani che ci spingeva all’americanizzazione anche senza il nostro conscio assenso. La passeggiata,il cinema e la chewing gum e i boys era tutto nuovo e molto  eccitante. Se non fosse stata  per la nostalgia del paese e la mancanza della mamma la vita sarebbe stata bella. 

 

Delia Socci Skidmore