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A SETTEFRATI , UN TEMPO .....

 

 

MARIA

 

 Erano gli anni del dopo guerra e i Settefratesi ricostruivano dalle macerie e la distruzione che aveva lasciata la guerra. Poco la volta venivano ricostruendo case,vie e piazze.: anche la  costruzione per la strada che va al Santuario di Canneto era iniziata I campi di nuovo arati e seminati fiorivano al sole.

I vicoli del paese da via San Pietro alla via Macinara, da Campo dei Fiori 

a Campo Reale risuonavano di voci e gridolini di fanciulli. Erano di tutte

eta`, da pochi mesi a sei, sette anni. Di giorno convergevano tutti in piazza

che risuonava degli echi delle loro voci e di suoni e rumori dei loro giochi. Si rincorrevano giocando al cerchio, a pallone,  

Venivano sempre riforniti col tozzo di pane in tasca cosi potevano giocare tutto il giorno senza tornare a casa. Il “baby boom” del dopo guerra si evidenziava anche a Settefrati.

Anche mia sorella Maria si era fatta grandicella, aveva circa quatto anni  ed aveva sviluppata una personalita` tutta sua. Maria non ubbidiva a nessuno, nemmeno a mio padre. Se le veniva chiesto di fare qualcosa che non voleva non aveva problemi  a dire di no.  La sua indole spiritosa e indipendente divertiva mio padre anche quando avrebbe voluto essere un po` severo con lei. Per noi altri era la “ cattiva”. I suoi migliori amici  erano vecchi pensionati che si radunavano in piazza per prendere il sole. Poi quando era l’ora che Maria usciva venivano a sedersi alla panchina piu` vicina a casa.

Aspettavano Maria come si aspetta un caro amico per fare due chiacchiere.

Maria usciva coperta con una tovaglia e un grande pettine sotto il braccio.

Da piccola  era stata molto malata e spesso non poteva uscire a giocare con gli altri ragazzi. Ma lei insisteva faceva capricci , piangeva e scappava fuori. Io la rincorrevo per riportarla dentro, non era facile, Maria mordeva e tirava calci. Finalmente riuscivamo a convincerla che fuori “ pioveva” e non poteva uscire. Allora ella  prendeva una tovaglia se lo metteva in testa e diceva che era riparata bene. Quando i suoi vecchi amici la vedevano cosi carina si mettevano a ridere fra di loro senza farsi vedere da lei. Maria parlava con loro come una vecchietta anche se ancora non riusciva a pronunciare certe parole. Maria a parte che tutti la ritenevano tanto simpatica, era anche una bella bambina grandi occhi e capelli nerissimi. I capelli erano ricci e anche con le trecce i riccioli  le coronavano il viso.

A volte saliva sulla panchina e faceva togliere il berretto ai vecchietti e li pettinava. Non era gentile col pettine tirava giu` forte anche i pochi capelli dei vecchietti. che lasciavano fare  come se fossero tante carezze.

Mio padre la guardava dall’uscio della casa e rideva tutto contento. Tra i pensionati c’era uno che la mattina faceva la passeggiata fino alla fonte di acqua fresca. Li’ riposava un po` poi beveva l’acqua della sorgente col un bicchiere di metallo che portava con se. Un bel giorno Maria gli prese il bicchiere e gli disse che non era buono per bere. Il poveretto protesto`, spiego`,prego` ma non ci fu caso di convincerla. Maria lo prese e lo butto`. Poi senza dire niente ando` dentro casa,  prese una tazza, gliela porto` e disse : questo e` per te`. Il vecchio zi Fortunato che lei chiamava “zi pertnate” ,non si conteneva dalle risa. Forse il signor Fortunato si riprese il suo bicchiere, ma per non farlo vedere a Maria lo nascondeva sotto una pietra alla sorgente d’acqua. 

Ormai delle avventure di Maria con  i suoi amici si parlava in tutto il paese.

I suoi anziani amici raccontavano cosa avevano detto e fatto con Maria.

Era diventata una celebrita`.

C’erano anche  due fratelli che abitavano di fronte , ragazzi  molto simpatici: Aldo e Renzo.  Adoravano Maria e venivano tutti i giorni a farsi pettinare. A volte li sentivo dire “ouchhhh oucchhhh” dal dolore ma si sottopponevano volentieri alle torture di mia sorella. A mezzogiorno, ora del pranzo, il padre si affacciava alla terrazza e li chiamava per mangiare. ma Aldo e Renzo rifiutavano per giocare con Maria. Quando il padre insisteva loro due si mettevano sotto la terrazza a bocca aperta e dicevano“ iettagle atterra gli cuccune papa`”. Il padre doveva promettere loro che non appena mangiato potevano tornare a giocare.

Noi ragazze piu` grandicelle avevamo il compito ti badare ai piu` piccini. Lo facevamo volentieri, solo cosi potevamo andare a giocare anche noi. Il posto di ritrovo preferito era l’edificio scolastico ancora in macerie. Ci divertivamo a giocare a nascondino  perche` c’erano molti cantoni nascosti sotto le macerie lasciati quando l’edificio era stato  bombardato .

Mentre giocavamo mettevamo i piccoli seduti in cerchio e anche loro giocavano insieme. Spesso pero` mentre noi eravamo nascoste nei cantoni per non farci trovare dalla ragazza che si era nascosta , uno dei piu`grandicelli  prendeva e tornava a casa. Poco dopo arrivava la mamma col bambino in braccio sgridando ad alta voce che avremmo dovuto “vergognarci” di aver lasciato i bambini soli mentre noi giocavamo spensierate. Il titolo che ci davano era sempre “ asenacce”. Noi imbarazzatissime uscivamo svelte dal nascondiglio e per scappare non badavamo agli intoppi. Si cadeva sempre sulle pietre o calcinacci o peggio sulle sbarre di ferro che  sporgevano dalle macerie.

A volte la ferita era abbastanza profonda da necessitare come minimo il disinfettante e avvolgerla in garza. Ma noi non dicevamo niente a nessuno.

Le mamme ci avrebbero dato “il resto” con un “ vi sta bene siete sfrenate”

Io ancora ho segni di cicatrici alle ginocchia di molte cadute.

Come dicevo prima Maria non aveva nessun problema a  disobbedire a tutti.Quel che sorprendeva era che poteva farlo senza rischiare punizioni. Io mi indispettivo quando vedevo quante ne faceva, pero` poi dovevo ammettere che a lei ci stava bene.

 Quello che segue e` un episodio diventato memorabile  ed viene ricordato e raccontato tutt’ora. Era appena passato il tempo della vendemmia, l’uva era stata pressata ed ora fermentava nei tini. La fermentazione doveva essere controllata con attenzione.

Un giorno mio padre stava facendo appunto questa faccenda quando si trovo` a disagio`, disse a Maria che giocava con una amichetta di andare a  

chiamare mamma . Maria disse subito di no. Quel suo “no” che non sembrava un rifiuto ma una risposta naturale. Mio padre ripete`con voce ansiosa di andare subito, il mosto usciva a fontanella   dai tini  e lui  faceva fatica a contenerlo da solo. Maria non si mosse. Adirato ora mio padre le lancio` un occhiata severa e grido`: “ti ho detto di andare a chiamare tua madre subito!”. Lei imperturbabile rispose “ mi sie delighiete du vote con na vota e che dispiette non ci vaglie” ( mi hai sgridata due volte in una volta e per dispetto non ci vado)  e se ne ando’ a giocare con l’amica  sulla piazzetta della chiesa. Posso solo immaginare la sorpresa di mio padre a vedersi rispondere cosi da una bimba si e no di quattro anni. Era inconcepibile.

Meno male che nonna si trovo` a scendere in cantina e diede una mano. Questa volta pero`Maria, aveva passato i limiti e si prese la lavatina di testa e  il discorsetto dell’importanza dell’obbedienza dei figli verso i genitori. E come anche Gesu ` obbediva…………

Quella stessa sera mio padre raccontava agli amici al bar tutto il fatto con vanto e gioia per sua figlia. Dicevano che si voltava ora all’uno ora all’altro, rideva e ripeteva se avevano mai vista una ragazzina cosi impertinente.

Questo episodio e` diventato famoso e ancora i paesani ne parlano e parlano di come Maria aveva completamente conquistato mio padre.

Maria e` cresciuta molto bene. Non e`piu la ribelle che era da  piccola.

Adesso ha la famiglia anche lei e due bravi figli . Quando ci riuniamo in famiglia i figli domandano sempre di parlare degli anni quando sua madre era piccola. Si divertono a sentire le storielle. Si stupiscono e domandano sempre : ma era veramente cosi mia madre?.

Dopo tanti anni siamo tornati a Settefrati io e Maria., Maria per la prima volta. Quando incontravamo i paesani che la ricordavano mi domandavano: “ Ma chesta ne` chella cattiva?” Maria sorride,brontola qualche cosa e continua per la sua via.

 

 

 

Delia Socci Skidmore