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Battaglia del Volturno

 Giovanni De Sio Cesari

www.giovannidesio.it  

 

 

 La battaglia  del Volturno si combattè il 1 ottobre e prosegui in parte fino al 2 ottobre 1860 . Fu uno dei fatti d’armi più importante del nostro Risorgimento e l’unica volta in cui l’esercito borbonico impegnò in una grande battaglia campale i Garibaldini.  Prima vi erano stati solo scontri di dimensione  limitata:  nel complesso i Garibaldini    avevano conquistato quasi tutto il regno fino a Napoli senza dovere affrontare una vera e propria battaglia campale.

Il fiume Volturno  non ebbe nessuna parte nella battaglia che vi  prende il nome perchè combattuta presso il Volturno e non sul Volturno.

 Il re di Napoli Francesco II ( Francischiello, popolarmente) aveva lasciato Napoli con l’intento di raccogliere tutte le truppe ancora fedeli , dare battaglia campale ai Garibaldini e riconquistare quindi Napoli e tutto il regno.

 

ESERCITO BORBONICO

 Comunemente viene indicato come "borbonico" nella  storiografia risorgimentale   per rimarcare  che sosteneva il re di Borbone: in effetti  era l’esercito regolare del regno: ad eccezione dei “ corpi  esteri “  i soldati erano coscritti,  tutti sudditi del regno  della parte continentale perche la Sicilia era stata esclusa perchè poco affidabile :un esercito  napoletano, quindi 

Gli  ufficiali di carriera  erano tutti anche essi regnicoli  anche se spesso portavano nomi nobiliari di origine straniera in conseguenza del carattere internazionale della nobiltà del tempo: erano stati quasi tutti formati dalla prestigiosa accademia militare della  Nunziatella, in Napoli che è tuttora operante.

Pur essendo, però,  un esercito professionale non aveva alcuna esperienza militare di conflitti regolari e campagne  militari.  Dal 1815 infatti, cioè da tempi di Murat,  l’esercito napoletano non aveva avuto occasione di combattere guerre regolari: era stato impegnato nella repressione dei moti di Napoli  e della secessione dei Siciliani del 48. Spesso veniva impegnato nella lotta contro i briganti  che davanti ad esso fuggivano e si nascondevano

 L’esercito aveva oltre 41 mila effettivi disposti fra Capua, il Volturno e Gaeta. Tuttavia parteciparono alla battaglia solo 25 mila uomini e  42 cannoni, Nell’esercito  erano compresi 8 mila uomini dei corpi esteri,  svizzeri e bavaresi  al comando di Von Mechel . Qualche anno prima in seguito a una sedizione i corpi esteri, formati secondo una secolare tradizione di svizzeri, erano stati sciolti Una parte degli Svizzeri, tuttavia, restarono  e un’altra parte erano stati sostituiti da bavaresi .

  il comando generale fu affidato al maresciallo   Giosue Ritucci, un  uomo estremamente prudente ed esitante che aveva  scarso prestigio:  gli ufficiali erano in continua polemica tra di loro  e  in linea generale non si mostrarono all’altezza dei loro compiti. I soldati invece erano combattivi,  decisi a riprendersi la rivincita per aver lasciato  che i "Garibaldesi" avessero conquistati il regno con tanta facilità. Avevano, però, poco fiducia  nei loro ufficiali che sospettavano di tradimento verso il re dopo che molti di essi erano passati al nemico e altri  mostrato una tale  inettitudine da dare adito  al sospetto di tradimento e corruzione .

L’esercito napoletano era quindi animato da spirito combattivo ma mancava di capi che godessero di fiducia,  un  handicap fondamentale nelle battaglie

 

ESERCITO DEI GARIBALDINI

Venivano denominati Garibaldesi dai napoletani, ufficialmente formavano l’ “esercito meridionale” .  Comunemente si pensa che fossero giovani entusiasti ma di scarsa esperienza militare. In realtà in buona parte invece erano uomini che avevano già combattute nella Seconda Guerra di Indipendenza, alcuni anche nella Prima e nella difesa della Repubblica  Romana nel 48. Molti   facevano parte dell’esercito regolare piemontese : avevano preso un congedo per arruolarsi nei Garibaldini con la tacita approvazione del governo piemontese. Soprattutto il comandante era Garibaldi , un mito vivente, con  un prestigio indiscusso quindi una grande autorità oltre a una lunghissima esperienza militare maturata già nelle guerre nell’America del sud.

In tutto si trattava di 24 mila uomini con 24 pezzi di artiglieria:  tutti entusiasti e tutti sicuri che Garibaldi li avrebbe portati alla  vittoria .

Non mancavano gli stranieri, tutti volontari ed entusiasti  di combattere per la libertà. I contingenti stranieri erano i seguenti:440 della legione ungherese. 105 cacciatori inglesi, 456 della legione inglese, 260 della legione francese , Inoltre arrivarono anche dei bersaglieri e  20 artiglieri  dell’esercito regolare piemontese  sbarcati a Napoli dalle navi Piemontesi. Dei  mille sbarcati a Marsala erano restati solo circa la metà

 

 

IL PIANO DI BATTAGLIA

Il re Francesco II aveva chiesto di guidare l’esercito al generale francese Le Moriciere che però guidava in quei giorni  le truppe dello stato pontificio  Nominò quindi il Ritucci ma questo esitava a dare battaglia campale. Il re allora richiese un piano di battaglia a Le Moriciere che lo elaborò guardando semplicemente una carta geografica dei luoghi. Il piano poi fu presentato al Ritucci che lo criticò ma poi lo accettò per obbedienza al re e, probabilmente, per scaricare la propria  responsabilità in caso di insuccesso.

Il piano piuttosto complesso prevedeva quattro direttrice di assalto.  La prima colonna alla destra dello schieramento avrebbe  dovuto investire i Garibaldini presso il villaggio di Santa Maria ( attualmente Santa Maria Capua Vetere che  sorge sul luogo della  Capua romana)  Una seconda colonna avrebbe attaccato  al centro  presso il villaggio di S. Angelo  (attualmente S. Angelo  in Formis) ai piedi del monte Tifata . Una terza colonna avrebbe dovuto aggirare i monti Tifatini (che si estendono fra i due villaggi prima citati e Maddaloni ). Questa colonna a sua volta si sarebbe divisa in due colonne. Una avrebbe dovuto attaccare i Garibaldini al valico dei Ponti della Valle, all’estrema sinistra mentre l’altra colonna avrebbe  dovuto attraversale le alture intorno a Caserta Vecchia per congiungersi con la precedente. Avrebbero  cosi preso alle spalle i garibaldini che ancora potevano resistere a  S. Maria e a S. Angelo, e aprirsi la strada per Napoli per riconquistare  la capitale: il piano era brillante ma come il Ritucci  aveva notato, le due ali estreme  si sarebbero trovate a circa 60 chilometri di distanza  con scarse possibilità di comunicazione e di aiuto reciproco. Inoltre non era prevista una riserva di uomini che potesse accorrere dove ce ne fosse bisogno  I quattro assalti quindi rischiavano di restare isolati gli un dagli  altri, come poi in effetti avvenne.

 Il contropiano di difesa di Garibaldi invece prevedeva una difesa con una maggiore coordinazione dei reparti che erano più  vicini e soprattutto fu costituita una grossa riserva presso Caserta agli ordini del generale Turr che potevano agevolmente intervenire dove ce ne fosse stato bisogno 

Seguiremo le vicende dei quattro fronti distintamente .

 

IL FRONTE DEI PONTI DELLA VALLE

 Una colonna di 8000 uomini aggirò i monti Tifatini passando per  Limatola. dove si divise in due parti.  una agli ordini di Ruiz de Balestreros  e l’altra guidata da Von Machel  Quest’ultimo  era una svizzero alla guida dei corpi esteri : la colonna era formata da 3.000 uomini, tutti soldati stranieri professionali. (svizzeri e bavaresi )   Aggirando le alture  essi marciarono nella valle  dell’Isclero incontrando un primo nucleo di garibaldini asserragliati presso il villaggio di Ducenta. Ma si trattava di poche decine di uomini che rapidamente  si ritirarono La colonna si diresse quindi al luogo dei Ponti della Valle: si tratta di uno stretto valico  fra due colline che è attraversato dall’acquedotto  carolino, una imponente costruzione  per una lunghezza di 529 m e con un'altezza massima di 55,80 m, sul modello degli acquedotti romani. a tre ordini di arcate ( detti ponti) sulla quale passa l’acquedotto che porta l’acqua per la cascata  del parco di Caserta. Qui trovarono ad aspettarli  i Garibaldini guidati da Nino Bixio, ben decisi a resistere sulle posizione dei ponti. L’urto borbonico fu  fortissimo, si combattè alla baionetta. L’assalto di un reparto guidato dal figlio di von  Mechel,  fece indietreggiare i garibaldini e per un momento la posizione sembrò nelle  mani dei borbonici. Nell’assalto mori il figlio di von Mechel . il padre abbracciò il figlio morente e continuo professionalmente la sua  battaglia. Accorsero intanto  i reparti garibaldini di riserva  a Caserta scendendo  da una delle colline del passo, il monte San Michele. I borbonici erano sempre più esausti mentre i garibaldini ricevevano sempre forze fresche. Alla fine Von Mechel dovette rinunciare  a sfondare le linee garibaldine e fu costretto a ritirarsi  verso Dugenta. La riserva disposta da Garibaldi  fu provvidenziale  mentre la impossibilità di ricevere rinforzi fu fatale alle forze borboniche .

IL FRONTE DI CASERTA VECCHIA

L’aiuto a  Von Mechel avrebbe  potuto arrivare dalla colonna che si era diretta attraverso  le colline e che si trovava a poca distanza  ma ciò non avvenne come ora  spieghiamo.  Da Limatola, come abbaiamo detto , si era staccata la  una colonna di 5.000 uomini, tutti regnicoli, al comando di Ruiz de Balestreros anche esso un napoletano malgrado il cognome di origine spagnola. La colonna avanzò con estrema lentezza,  senza nemmeno avere notizia di quanto avveniva a poca distanza ai Ponti della Valle alla colonna di Von Mechel.   A un certo punto si trovarono  a scontrarsi con 300 garibaldini asserragliati  in luogo elevato presso il castello di Morrone. (attualmente : Castelmorrone)  Balestreros avrebbe  potuto anche aggirare la posizione garibaldina ma volle attaccare in forza frontalmente . I 300 garibaldini alla guida dell’eroico Pilade Bronzetti, veterano della Prima e  Seconda Guerra d indipendenza  oltre che della Repubblica Romana , In ottima posizione resistettero a lungo all’assalto delle preponderanti forze nemiche. impegnandole per molte ore  fino a che queste conquistarono la collina  snidando i garibaldini. A  Castelmorrone i caduti garibaldini furono 30, un decimo del totale e fra essi  Pilade Bronzetti perse la vita quasi per caso: presentò uno straccio bianco per la resa  ma per  equivoco non fu immediatamente compreso : mentre aveva ancora la sciabola in pugno fu ucciso dalla fucilata di un soldato.

Presso il paese di Catelmorrone c’è  una lapide che ricorda l’episodio paragonando i trecento garibaldini ai trecento spartani delle  Termopili.

 Mentre  si combatteva  a Morrone 2.000 soldati napoletani erano avanzati raggiungendo alla fine la loro meta di Casetta Vecchia. Ma Balestreros seppe della ritirata di Von Mechel e senza esitazione ordinò la ritirata anche al corpo avanzato che aveva raggiunto Caserta Vecchia. I soldati però non vollero ubbidire, si ribellarono all’’ordine  pensando all’ennesimo tradimento degli ufficiali e vollero avanzare ancora . il comandante  della colonna  Nicoletti non si senti di abbandonarli e li segui. Balestreros invece li considerò ammutinati e li lasciò al loro destino:  alcuni suoi ufficiali   cominciarono allora  a  gridare apertamente contro di lui perchè ritenevano indegno abbandonare il corpo avanzato. I soldati  minacciarono addirittura di sparargli. Comunque poi si ritirarono ma Balestrertos  non ebbe poi nessun altro comando nella  campagna. Il gruppo avanzato di Caserta Vecchia rimase quindi isolato  Il giorno seguente, il 2 ottobre  fu circondato dai Garibaldini e dovettero arrendersi  All’operazione parteciparono anche i bersaglieri sbarcati dalle navi piemontesi nel porto di Napoli.

Questi soldati furono il primo e l’unico grosso numero di prigionieri fatti dai Garibaldini : in precedenza i Garibaldini avevano sempre lasciato liberi di tornare a casa i pochi borbonici catturati. Ma questo era un  grosso gruppo che fu preso in seguito in custodia dall’esercito regolare piemontese e andarono incontro a grandi tribolazioni.  

La difesa del castello di Morrone  o se si preferisce  anche il  caparbio e inutile accanirsi di Balestreros  impedì quindi a questa colonna di attaccare  a sua volta i Garibaldini ai  Ponti della Valle  rovesciando cosi l’esito della battaglia

 

IL FRONTE DI S.  ANGELO

  All’alba del 1 ottobre l’esercito napoletano usci dalla nebbia del primo mattino e  investi vigorosamente i Garibaldini asserragliati  presso S. Angelo. Dapprima riuscirono a far retrocedere  i Garibaldini ma questi, ricevuti rinforzi controattaccarono  a loro  volta ricacciando  i borbonici. Questi attaccarono ancora  avanzando: i garibaldini si ritirarono verso la sommità del monte Tifata alto 600 metri che sovrastava il piano dello scontro. I napoletani attaccarono a lungo avanzando sui fianchi della montagna . A un certo punto, però, quasi alla fine della giornata Ritucci ritenne inutile continuare ancora in questo assalto e ordinò la ritirata

L’attacco era stato respinto  Allo scontro parteciparono anche  i 20 artiglieri piemontesi sbarcati a Napoli che usarono con  perizie i cannoni di  nuovo modello a canna rigata che ebbero non poca importanza nel decidere l’esito dello scontro.

 

IL FRONTE DI S. MARIA

Anche qui attacchi ripetuti per tutta la giornata , ma alla fine i borbonici furono respinti dai Garibaldini . Si segnalano due episodi vergognosi  per l’esercito napoletano. A un certo punto di fronte  alla accanita resistenza garabaldina si fece intervenire i granatieri della guardia reale sperando nell’efficienza di questa truppe di elite  Si  trattava dei soldati che  sfilavano elegantemente nella parate per le vie di Napoli davanti al re  ma  che alla prova del fuoco furono presi da paura e fuggirono vergognosamente senza quasi combattere. Analogo episodio per uno squadrone  di  cavalleria:  di fronte al fuoco dei Garibaldini fuggirono in disordine precipitosamente  fino a Capua dove si rifugiarono. Il reparto era guidato da Filippo Pisacane, fratello dell’eroe della spedizione di Sapri che, a differenza del fratello, si mantenne  sempre fedele al re  ma che anche non mostrò certo il suo coraggio
Alla fine  della giornata  anche su questo fronte la resistenza garibaldina non fu superata e i napoletani si ritirarono

 

CONSEGUENZA  DELLA BATTAGLIA

Le perdite furono sostanzialmente  uguali nei due schieramenti. I Garibaldini ebbero 300 morti,1300 feriti, 390 prigionieri in maggioranza quelli di Castelmorrone

 I borbonici ebbero 308 morti, 771 feriti, 2177 prigionieri ( in massima parte a Caserta Vecchia)

L’esercito napoletano fu respinto ma non fu propriamente  una sconfitta, Le forze in campo erano le stesse di prima della battaglia:  sarebbe stato possibile teoricamente  ripetere nuovamente l’attacco impegnando anche tutte le forze fresche sparse fra il Capua e Gaeta che non avevano partecipato alle operazioni. I Garibaldini, d’altronde, non erano in grado nemmeno essi di attaccare

Tuttavia il fatto di essere stati respinti pesava fortemente sul morale: soprattutto la eccessiva prudenza del comandante, degli ufficiali non consentiva una mossa coraggiosa che avrebbe veramente potuto cambiare la situazione . Intanto le truppe piemontesi che avevano sconfitto  a Castefidardo le truppe papaline al comando di Le Moriciere il 18 settembre, passavano  il confine del Tronto e  invadevano  il regno Avanzavano rapidamente negli abruzzi malgrado qualche resistenza di truppe regolari e di bande di irregolari.  Il giorno 26 ottobre  infatti il re, Vittorio Emanuele incontrava presso Teano Garibaldi e l’esercito piemontese metteva  in disparte i Garibaldini  ( Garibaldi si ritirò a Caprera) continuando in proprio la guerra contro i borbonici.

Francesco II preferì ritirarsi  a Gaeta per una resistenza lunga in attesa di un eventuale aiuto straniero che però non venne mai e quindi la sanguinosa resistenza fu inutile.

Il mancato successo del Volturno pose cosi definitivamente fine al regno di Napoli dopo circa 800 anni di esistenza .