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Dagli ultimi decenni del 1800 la ditta S.A. Frost's Son di New York fondata nel 1858, che importava prodotti specifici per «Indian Traders», intrattenne assidui contatti con il genovese Raffaele Costa. .

L'immagine della libellula, insieme a rane, girini, lucertole, serpenti, farfalle, creature emblematiche della sopravvivenza in ambienti aridi, si ritrovano nei gioielli e negli oggetti funzionali ai rituali, collegati alla pioggia e alla fertilità del terreno.

Un'altra forma, comunemente modellata nei gioielli antichi e rimasta nella contemporaneità, è quella dell'uccello volante, con le ali aperte che ricordano una croce. Gli uccelli sono sovente rappresentati perché considerati messaggeri tra la terra e le entità sacre del cielo. Gli spiriti della pioggia trovano diverse rappresentazioni nei «simbolismi magici della pioggia» che propiziano il raccolto

Uno tra questi è il «serpente piumato», che dimora nelle nuvole e ha lingua di luce. II serpente è anche collegato con la terra e l'acqua, scivola come acqua ed emerge dal terreno, incarnando le potenti forze del mondo.

Anche il kokopelli è un'altra figura emblematica delle culture pueblo dell'Arizona e New Mexico. Giunse forse intorno al XIV secolo importato dal Messico e presumibilmente in origine rappresentava un mercante che porta conchiglie e piume, in particolare le rosse piume dell'Ara Macao, dal Messico alle aree delle popolazioni pueblo. Tra gli Hopi rappresenta un suonatore di flauto che regge un sacco di semi e per questo è associato alla fertilità, simbolo d'abbondanza e in genere di buon auspicio.

Tra i più importanti italiani a commerciare con gli statunitensi fu il genovese Raffaele Costa, di cui rimane interessantissima corrispondenza, conservata oggi nell'archivio storico della ditta Liverino, che la acquisì insieme ai beni che gli eredi della fabbrica genovese misero in vendita negli anni '60. Questa fortuita acquisizione può essere considerata come un passaggio di testimone dalla tradizione genovese della lavorazione e commercializzazione del corallo alla intraprendenza degli imprenditori di Torre del Greco.

Negli anni '70 molte ditte torresi realizzarono importanti affari con Navajo e Zuni, incrementando la valorizzazione e l'utilizzo del corallo nel sud-ovest degli Stati Uniti e favorendo la reciproca conoscenza delle tradizioni culturali.

 Il Frost non fu l'unico commerciante del vecchio West a stimolare la creatività dei nativi americani importando corallo dall'Italia. Anche C.G. Wallace incoraggiò lo sviluppo dell'artigianato ed esercitò una grande influenza sulla produzione del corallo

Nel 1927 acquisto il suo -trading post» nel villaggio Zuni. Sostenne l'impiego di tecniche innovative,  il mosaico con corallo, tra gli artigiani zuni e navajo residenti a Zuni , favorendo anche la collaborazione tra i due gruppi.

Fu lui ad iniziare un'importazione diretta di corallo dall'Italia per i nativi, senza passare per la mediazione del Frost. Durante la depressione del 1930, Wallace creò una base economica per numerosi artisti e acquisì un gran numero di lavori dei nativi, elevando le creazioni zuni da un livello regionale a nazionale. In una lettera datata 27 febbraio1937, inviata da Wallace sempre alla ditta Costa di Genova, è la conferma d'ordine di quattro collane in corallo per un valore complessivo di 48 dollari, con la richiesta supplementare di poter avere collane con grani «più grandi, quanto i più grossi delle collane ordinate».

In altra corrispondenza datata 13 gennaio 1940 Wallace richiedeva i prezzi di collane in corallo che sappiamo dalla risposta del Costa costare 14 dollari l'una, cifra in ogni caso ragguardevole per l'epoca. La sua eredità contribuì indubbiamente ad elevare il numero degli artigiani ad un migliaio (gioiellieri, ceramisti, intagliatori di feticci) su una popolazione di 9000 residenti a Zuni.

Negli ultimi sessanta anni l'innovazione dei gioielli del sud-ovest fu determinata in massima parte da tre artisti: il navajo Kenneth Begay e i due hopi Preston Monongye e Charles Loloma, il cui talento artistico e le capacità tecniche hanno inspirato generazioni di successivi designers indiani.

Kenneth Begay creò disegni innovativi, sempre ispirati ai modelli navajo, utilizzando nuovi materiali e tecniche abbinate alle tradizionali, turchese e corallo ad oro e diamanti, ottenendo raffinate ed espressive creazioni. Preston Monongye incorporò immagini katsina nei suoi lavori, famosi per la tecnica di fusione nel tufo

I gioielli di Charles Loloma combinano un profondo rispetto per la tradizione con l'abilità di cambiare concetti stereotipati degli Indiani d'America. Nato nel 1921 da una famiglia di Hopi tradizionalisti, partì da una formazione di ceramista e pittore ed arrivò alla gioielleria nella metà del 1950. Loloma armonizza elementi del suo background hopi, come la tecnica dell'intarsio di pietre dure a mosaico, con un senso estetico contemporaneo. La sua abilità fu quella di rendere pregi le imperfezioni della natura, sottolineando nel suo disegno le ruvide proprietà del metallo. La sua eredità fu ripresa dalla nipote Verma Nequatewa, che seppe abilmente disegnare il gioiello attorno alla forma pura della materia, come il corallo. I gioielli contemporanei del sud-ovest sono caratterizzati dall'uso d'argento, turchese e corallo

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