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IL SEBETO: IL MISTERIOSO FIUME DI NAPOLI

 

Giovanni De Sio Cesari

 

Indice :  il fiume scomparso. ricognizione storica - ricognizione  topografica - le ipotesi

 

IL FIUME SCOMPARSO

 

Napoli è nota come la città dove scorre il fiume Sebeto: sul lungomare vi è anche una artistica fontana seicentesca  che raffigura il Sebeto e non mancano gruppi folcloristici, associazioni, teatri, imprese commerciali che si richiamano al suo nome.

 Però se domandate  a un Napoletano dove sta il Sebeto,  risponderà che non lo sa, resterà confuso, forse anche un po mortificato. Se poi cercate su una piantina di Napoli non trovate da nessuna parte un fiume di nome Sebeto, anzi  non trovate nemmeno  nessun fiume di qualunque nome: solo un stradina  fra la ferrovia  e il mare porta questo nome illustre: il fiume più vicino è il Sarno che scorre oltre il  versante opposto a Napoli del Vesuvio, a oltre 40 chilometri

Ma allora dove è finito questo fiume? Non pretendiamo di risolvere il  mistero, presumibilmente irrisolvibile, ma di proporre un ricognizione  se non esaustiva  almeno completa, anche se sintetica, degli aspetti storici e topografici alla cui luce poi valutare le ipotesi preposte

 

 

RICOGNIZIONE STORICA

 

Il problema del Sebeto nasce tutto da un verso dell’Eneide.Nel Libro VII Virgilio fa una specie di rassegna delle genti e dei miti dell’Italia: in essa dal verso 733-740 leggiamo

 

Nec tu carminibus nostris indictus abibis,
Oebale, quem generasse Telon Sebethide nympha
fertur, Teleboum Capreas cum regna teneret,        735
iam senior; patriis sed non et filius aruis
contentus late iam tum dicione premebat
Sarrastis populos et quae rigat aequora Sarnus,
quique Rufras Batulumque tenent atque arua Celemnae,
et quos maliferae despectant moenia Abellae,        740

 

 

 

Nella versione italiana tradizionale di Annibal Caro:

 

Èbalo, te n'andrai, del gran Telone
e de la bella Ninfa di Sebeto
figlio onorato. Di costui si dice
che, non contento del paterno regno,
Capri al vecchio lasciando e i Teleboi,
fe' d'esterni paesi ampio conquisto,
e fu re de' Sarrasti e de le genti
che Sarno irriga. Insignorissi appresso
di Bàtulo, di Rufra, di Celenne
e de' campi fruttiferi d'Avella.

 

Si parla quindi di un eroe mitico, Ebalo indicato come  figlio della ninfa del Sebeto  e di Telone: nei versi seguenti si accenna alle sue conquiste e si cita anche  il fiume Sarno tuttora esistente e ben conosciuto: solo quindi un vago accenno al Sebeto, una localizzazione piuttosto generica, nessuna descrizione, nessun accenno a Napoli

 A collegare il Sebeto a Napoli  sono invece due autori di poco posteriori:  Stazio e Columella

Publio Papinio Stazio,  nato a Napoli nel 40 d. C,  nelle Silvae scrive : “il Sebeto vada orgoglioso per quella che ha nutrito”

 Lucio Giunio Moderato Columella era nato invece a Cadice ma possedeva delle proprietà in Campania: scrisse un’opera unica nel suo genere ,nell’antichità,  “De re rustica”, un vero trattato di agricoltura che fece testo fino al 1700: in esso si trova scritto; “la colta Partenope è bagnata dalla benefica acqua del  Sebeto "

In tutte e due i casi quindi solo una semplice citazione,che pero ci danno la certezza storica che il Sebeto, ricordato  da Virgilio, esisteva effettivamente  e che esso era a Napoli . 

 Nessuno degli antichi però ha mai cantato il fiume, la purezza delle  sue acque o l’ombrosità delle sue sponde come erroneamente viene  spesso riferito.

 L’esistenza del Sebeto ci viene confermato  anche da due importanti ritrovamenti archeologici di epoca greca e romana. Il primo è  una  moneta greca del V secolo a.C.  sulla quale è rappresentata  una testa giovanile  con un corno in fronte e con la scritta “Sepeithos”: sul retro una donna alata e la scritta : “neapolites”: il giovane dovrebbe raffigurare un dio fluviale mentre Sepeithos è verosimilmente la versione greca del nome  latino Sebetho

Di epoca romana imperiale  è invece il secondo ritrovamento:  un lapide  che reca la iscrizione “P. Mevius Eufychus aedicolam restituit Sebetho (P Mvius Eufychus fece ricostrure l’edicola al Sebeto) 

In conclusione:  dalle fonti letterarie e archeologiche possiamo concludere con certezza che effettivamente nella antichità doveva esserci a Napoli un fiume di una certa consistenza tale che ad esso, secondo l’usanza dei tempi, veniva  anche associata una  divinità

 

Tramontò l’Impero Romano, vennero i secoli del medioevo e nessuna altra notizia abbiamo  del fiume, nè del nome, ambedue spariti  nel nulla. Nel 1300 Boccaccio, buon lettore di Virgilio, abitò per qualche tempo a Napoli ma non trovò niente che potesse essere considerato  il Sebeto: anche lui chiese ai napoletani del tempo dove fosse mai questo fiume e. allora come oggi, i napoletani non seppero rispondere.

 Probabilmente del Sebeto non si sarebbe più sentito parlare se esso non fosse stato cantato dai due massimi esponenti dell’umanesimo napoletano, il Pontano e il Sannazzaro

 Giovanni Pontano nacque a Cerreto di Spoleto, nel 1429  ma venne poi al servizio degli Aragaonesi a Napoli, dove morì nel 1503

Nel  1496 compose la "Lepidina”, una lunga egloga che  descrive le mitiche nozze del Sebeto con la ninfa Partenope : a differenza di Virgilio la divinità del fiume è maschile ( come nei reperti archeologici) e viene connesso con l’altro mito illustre  di Napoli, la sirena  Partenope. Nella egloga compaiono anche numerosi personaggi che nei nomi e nei tratti ricordano numerose località di Napoli e dintorni: Posillipo, Mergellina, Monte Echia, Capri, Procida, Resina, il Sarno

Jacopo Sannazaro, (14571530) nato e vissuto a Napoli nella “prosa XII” della sua opera più nota, la Arcadia, canta ancora il Sebeto come luogo di delizie campestri

Nè l’uno ne l’altro autore danno alcuna indicazione concreta del mitico fiume : il primo d’altra parte  canta solo un mito,  il secondo attribuisce al Sebeto un carattere di pace campestre. appunto “arcadico”  che certo non poteva avere un fiume che scorreva presso un affollatissima città. In seguito però gli studiosi cominciarono a  interrogarsi  dove si trovasse effettivamente il fiume il cui nome non ricorreva nella  toponomastica locale e cominciarono quindi a farsi molte ipotesi, alcune veramente singolari: di esse  riferiremo pero inseguito  

Il mito del fiume andò pero sempre piu crescendo: a meta del 600  il vicere de Fonseca  commissionò al Fanzago una fontana che lo rappresentasse che si trova tuttora al largo Sermoneta ( Mergellina)  ll Sebeto viene rappresentato come un vecchio dalla barba fluente in posizione adagiata su una conchiglia tra due obelischi affiancato da due  tritoni portatori di  piccoli vasi (buccine) da cui sgorga l’acqua.

 Con l’insediamento  dei Borboni nel 1737 Napoli divenne la capitale di un regno indipendente: allora il Sebeto  cantato da Virgilio  ( che, in realtà, come abbiamo visto, lo aveva semplicemente citato ) e cantato poi dai più illustri umanisti napoletani divenne una sorta di gloria  nazionale da esaltare

Si, ma dove era il fiume?

 

RICOGNIZIONE TOPOGRAFICA

Nel territorio  di Napoli non vi sono sorgenti che possano alimentare  fiumi perenni: Invece vi sono, ancora facilmente riconoscibili, una serie di valloni  nei quali, a regime puramente torrentizio, scorreva  dell’acqua  quando pioveva, e se le piogge erano molto intense  potevano anche avere effetti devastanti, : vengono definiti “cavoni” o anche “canaloni” quelli più profondi ,e poi “arene” quelli più aperti  Di tali corsi tutti discendenti dalle pendici dai Camaldoli ,la collina  più elevata della zona (480 metri) tre sono i principali che ricevono poi acqua da molti altri secondari e, benche ormai privi di acqua, sono però pienamente riconoscibili

 Nessuno di essi ha un vero proprio nome ben definito: noi per comodità di esposizioni, ci riferiremo ad essi come canalone di Miano, della Sanità  e della Arenella.

Il primo,quello  di Miano,  nasce presso l’attuale Policlinico, passa sotto l’attuale ponte di S. Rocco   quindi del pù moderno ponte di Bellaria divide  il parco di Capodimonte da Miano, per scendere quindi a valle presso le attuale  vie Masoni e S. Maria ai Monti fino ai Ponti Rossi. Il percorso è ancora  attualmente perfettamente conservato  anche se l’acqua non vi scorre quasi più  Poi il canale  proseguiva per l’attuale via arenaccia (da cui il nome) e corso Novara per gettarsi, oltre la stazione ferroviaria, in mare sotto l’ancora esistente Ponte della Maddalena Dall’arenaccia in poi i il tratto è stato interrato  in epoca  recente: ne rimane  ancora qualche traccia nella  toponomastica : Via Ponte di Casanova e si vede ancora qualche vestigia del ponte

Il secondo  canalone è quello delle Sanità, non più esistente ma di cui si hanno ricordi storici fino all’800. Era una diramazione del precedente : si staccava nei pressi dei parco  di Capodimonte, scendeva per la Sanità ( per via Arena della  Sanità, appunto), per il borgo di Vergini, scendeva per via Cirillo e via  Carbonara lambendo le mura della città, quindi si gettava in mare percorrendo l’ultimo tratto nell’attuale Via del  Lavinaio  (“lava” cioè corso di acqua) dove vi erano anche dei mulini mossi da acqua ( donde un vicolo Molino) : la foce non era lontana dal Ponte della Maddalena dove sfociava l’altro canalone. Nel 1400,  per l’ampliamento delle mura cittadine,  fu deviato per l’attuale via Cesare Rossarol e fatto quindi confluire nel canalone di  Miano, all’Arenaccia

Quando pioveva copiosamente il corso del  canalone alla Sanità  e ai Vergini diventava  impetuoso e pericoloso e poteva provocare  molti danni : era proverbiale a Napoli l’espressione:” lava dei Vergini” per indicare  cosa che non si può contenere. Per questi inconvenienti nell’800 il corso fu dirottato e fatto confluire  nell’altro corso della  Arenaccia, più  a monte, con una condotta forzata attraverso la collinetta di Miradois

Il terzo corso d’acqua scendeva dall’Arenella. Esso è riconoscibile  solo topograficamente ma non si hanno notizie storiche poiché, a differenza dei primi due, si è prosciugato  in un tempo lontano lasciando solo una traccia: il nome Arenella  data alla  zona di provenienza. Presumibilmente attivo nell’antichità,  si è poi prosciugato nel medio evo: ipotizziamo perche si è deviato  probabilmente nel canalone che va verso Soccavo. Il suo percorso però è tuttora facilmente  riconoscibile anche se occupato da antiche stradine che scendono giù dalla collina . Si originava  dalla zone degli Ospedali, scorreva prima per la Via Gerolomini, quindi per Due Porte all’Arenella, vico Nocelle  e quindi in Via F S Correra detta ancora  il Cavone : un tratto incassato  profondamente fra due alture e pieno di caverne. Quindi attraversava  l’attuale piazza Dante, scendeva per l’attuale  via Monteoliveto (la  Posta) per gettarsi in mare nella zona di Piazza Municipio.

Riceveva degli affluenti fra cui si riconoscono agevolmente  il  tratto di Via Conte della Cerra ( presso vico Nocelle) e quello della Via S. Antonio ai Monti (Ventaglieri)

I corsi di acqua di cui abbiamo parlato hanno regime torrentizio perche Napoli, in realtà è su un rilievo,costituito dalla  propaggine più orientale dei Campi Flegrei. Ad oriente però della città antica vi è una zona pianeggiante  racchiusa fra le alture di Napoli e il  Vesuvio ( monte Somma)  nella quale vi sono pure delle sorgenti, nel comune di Volla (da “polla”, cioè sorgente) in località Lufrano captate però dagli acquedotti già nel passato ) Inoltre un’altra fonte si trova a Somma Vesuviana alle pendici del monte Somma in località detta S. Maria del pozzo.   E’ una zona bassa, anche attualmente soggetta ad allagamenti in caso di  piogge intense. Fino al secolo sorso era segnata da paludi  che si estendevano d’altronde per una vastissima zona tutto intorno  a Napoli. ( vi è ancor la chiesa di S. Anna  alle paludi: un lungo canale, costeggiato dalla via dell’Argine fu costruita per far defluire l’acqua in mare nella zona di S Giovanni a Teduccio: il canale è stato interrato solo da qualche decennio  

 

 

 LE IPOTESI

 

In genere il Sebeto veniva  identificato nel corso di acqua che scorre sotto il Ponte della Maddalena per la semplice ragione che dal 500 in poi costituiva l‘unico corso naturale  di acqua esistente  nelle immediate vicinanze  di Napoli: infatti in epoca aragonese, nella seconda meta del 400, come abbiamo visto, anche  l’altro canalone che discendeva per la Sanità e i Vergini  era stato deviato dal suo corso per il Lavinaio ed era stato fatto confluire in esso: l’altro  fiume più vicino a Napoli infatti  come abbiamo visto era il Sarno (pure citato da Virgilio insieme al Sebeto ) che però  sbocca a oltre 40 chilometri di distanza sull’altro versante del Vesuvio  e quindi non può essere certo identificato con il Sebeto

Il Canalone che sfocia alla Maddalena veniva denominato Rubeolo che piu che un nome proprio era il un termine generico che significava “piccolo rivo “

Dalla ricognizione topografica pero abbiamo visto che si trattava solo di un corso torrentizio di scolo di acque piovane senza alcun sorgente: non è possibile allora immaginare che ad esso fosse  connessa un divinità, maschile o femminile che fosse, come invece le fonti storiche chiaramente mostrano

E’ presente anche l’opinione che il Sebeto fosse dall’altra  parte della città e che sfociasse quindi verso piazza  Municipio  e identificabile con il canalone proveniente dall’Arenella. Si parte da una testimonianza di Tito Livio  che porrebbe il Sebeto in quella zone (l’opinione è riportata anche dall’enciclopedia Wikipedia.)  In realtà però Tito  Livio scrive:  

“Publilio, occupata una posizione favorevole tra Paleopoli e Napoli, aveva già privato il nemico di quella reciproca assistenza di cui i diversi popoli avversari si erano serviti” (libro VIII, 23 )

Che una tale posizione fosse quella della foce di un fiume,  che questo fosse poi  il Sebeto è una supposizione priva di qualsiasi riscontro.

Senza poi contare che Tito Livio scrive tre secoli dopo gli eventi, non da nessuna notizia topografica certa  di luoghi che non conosceva.

Rimarrebbe poi il problema fondamentale che si trattava di un semplice canale

 Si è fatto allora una ipotesi ardita. L’acqua  proveniente  dalle sorgenti  di Volla scorreva nell’antichità  invece verso occidente, costeggiava tutta la città, riceveva come affluenti i corsi di acqua che abbiamo visto,  i tre torrenti della Arenella, della Sanita e di Miano passava  per l’attuale via Foria scendendo quindi  nella zona di Piazza Municipio. Quindi un conformazione topografica molto diversa dall’attuale  in grado di  sostenere un fiume vero e proprio per quanto di piccole portata. Tuttavia, guardando ll terreno, il percorso appare poco plausibile:occorre  ipotizzare che la conformazione del terreno sarebbe stata molto diversa dall’attuale e che  la zona costiera orientale ( dove sta il ponte della Maddalena ) fosse nell’antichità più alta di qualche metro. L’ipotesi per quanto suggestiva, però non è suffragato da alcuna prova o indizio nè storico, nè topografico. D’altra parte è comune opinione degli storici, suffragata dalla  semplice ricognizione dei luoghi che Napoli venne costruita si una  zolla tufacea  che aveva una difesa naturale proprio dai canaloni che abbiamo visto. Difficile ipotizzare  che l’acqua potesse risalire per via Foria, che fra la parte orientale di Napoli e il mare ci fosse un  ostacolo naturale in grado di impedire all’acqua di defluire. D’altra parte in epoca storica, nella zona interessata non sono segnalati movimenti vulcanici o tettonici o  bradisismi che potessero determinare tali cambiamenti

Una ipotesi molto originale fu avanzato nel 600 dal Celano secondo il quale il Sebeto scorre ancora ma nel sottosuolo di Napoli: ritiene che esso scorresse all’interno delle mura e  che una violenta tempesta  nel 1342 (di cui abbiamo notizia perché descritta da Petrarca) ha sconvolto la zona della foce situata nella zona di Monterone (nei pressi della Università)  interrandola. Ma nessun fiume scorre sotto Napoli ma solo antichi acquedotti risalenti in parte all’epoca  greco romana. Che il fiume poi scorresse all’interno delle mura  non è compatibile con la morfologia del territorio e nemmeno con gli usi antichi: un fiume che entra in città  attraversando le mura le renderebbe inutili . E’ vero pero che nella zona indicata effettivamente vi era uno scolo di acqua piovana: essa è  ancora facilmente  riconoscibile nella via del Grande Archivio e fungeva da collettore di acque piovane per la città

 

 Allora dove stava il Sebeto: ? Credo che bisogna partire da un fatto  del tutto evidente

Le colline che contornavano Napoli greca romana non potevano dar luogo  un fiume ma le immediate vicinanze orientali erano e sono tuttora ricche di fonti e di acque.

Anche senza averne nessuna conferma storica o morfologica la soluzione pare allora abbastanza semplice: il Sebeto scorreva nelle immediate vicinanze  orientali della città, scaturendo dalle  sorgenti  che si trovano nel territorio fra le colline e il monte Somma: la zona è stata interessata da molte eruzioni vulcaniche non solo quelle notissima del  79 d, C., che distrusse Pompei  Questi movimenti hanno alterato la zona  fra le colline e il Somma e quindi il fiume è sparito e il terreno diventato paludoso fino a che i canali artificiali (come quello di via Argine) non lo hanno prosciugato. Il Sebeto era un breve corso di acqua che scaturiva da una o più fonti  nella zona di Volla.  La divinità poteva essere associata alle fonti più ancora più ancora che al fiume come era uso degli antichi