LA CORTE COSTITUZIONALE E LE PENSIONI

 

 

Pensioni, incostituzionale  il blocco della perequazione»

Con una sentenza la Consulta boccia l’articolo 24 della riforma Fornero del 2011. Palazzo Chigi: «Calma e gesso, studieremo la sentenza e troveremo la soluzione»

Dal Corriere della sera , 30/4/2015

 

La Consulta interviene sulla riforma delle pensioni del 2011 e boccia il blocco della perequazione 2012-2013, definendolo «incostituzionale». Elsa Fornero, allora ministro del welfare nel governo Monti , annunciò la riforma contenuta nel «Salva Italia» agli italiani in lacrime, oggi si difende: «Non fu scelta mia». L’impatto sui conti pubblici, stimato dall’Avvocatura dello Stato quando si tenne l’udienza pubblica, sarebbe di circa 1,8 miliardi per il 2012 e circa 3 miliardi per il 2013.Fonti di palazzo Chigi assicurano che il governo sta «verificando l’impatto che la sentenza della Consulta può avere sui conti pubblici». Per il governo, «non sarà una prova facile, ma non siamo molto preoccupati. Siamo al governo per risolvere questioni complesse, quindi calma e gesso- aggiungono - Studieremo la sentenza e troveremo la soluzione».

La sentenza

Secondo la sentenza della Corte Costituzionale, la norma che per il 2012 e 2013, ha stabilito, «in considerazione della contingente situazione finanziaria», che sui trattamenti pensionistici di importo superiore a tre volte il minimo Inps scattasse il blocco della perequazione, ossia il meccanismo che adegua le pensione al costo della vita, è incostituzionale. Così ha deciso la Corte Costituzionale, «bocciando» l’articolo 24 del decreto legge 201/2011. «L’interesse dei pensionati, in particolar modo i titolari di trattamenti previdenziali modesti, è teso alla conservazione del potere di acquisto delle somme percepite, da cui deriva in modo consequenziale il diritto a una prestazione previdenziale adeguata. Tale diritto, costituzionalmente fondato, risulta irragionevolmente sacrificato nel nome di esigenze finanziarie non illustrate in dettaglio», afferma la Corte nella sentenza 70 depositata oggi, di cui è relatore il giudice Silvana Sciarra. «

Morando: «Impatto rilevante su conti pubblici»

Ancora non abbiamo effettuato i calcoli ma è chiaro che la sentenza ha conseguenze rilevanti sul bilancio pubblico». Così il viceministro dell’Economia Enrico Morando, dopo la sentenza della Consulta.«Stupisce l’assenza di bilanciamento rispetto all’articolo 81» della Carta. Così «si scarica un onere significativo sul bilancio dello Stato».

L’ex ministra: «costretta a chiedere sacrifici»

Ma oggi l’ex ministra Fornero ricordando che fu una decisione «di tutto il governo» presa per fare risparmi in tempi brevi. «Vengo rimproverata per molte cose - dice ma quella non fu una scelta mia, fu la cosa che mi costò di più». Fornero ricorda che proprio su questo punto si commosse fino al pianto nella conferenza stampa di presentazione del Salva Italia, dicendo di essere costretta a chiedere «sacrifici» ai pensionati che avevano rendite superiori a 3 volte il minimo Inps, cioè gli assegni intorno ai 1.400 euro lordi. «Fu ritenuta dal governo nel suo insieme, ha detto, soprattutto da quelli che guardano ai conti, una scelta necessaria perché dava risparmi nell’immediato». Lla sentenza di incostituzionalità della Consulta sulla norma che blocca il recupero dell’inflazione? «La Corte avrà avuto le sue buone ragioni», commenta adesso Fornero.

Le conseguenze

Dopo la dichiarazione di incostituzionalità della Consulta, adesso resta da capire che cosa farà il governo. L’esecutivo potrebbe emanare un provvedimento di sanatoria per rimborsare i pensionati colpiti. Oppure potrebbe valutare di ricalcolare ex novo l’intera pensione dovuta. Un’ipotesi che sicuramente richiederebbe più tempo. Ma al di là del problema contingente del rimborso a chi è stato toccato dal blocco della perequazione all’inflazione, il governo potrebbe essere anche costretto a rivedere le curve della spesa pensionistica. Un problema in più.

 

 

 

 

LA SENTENZA DELLA CONSULTA SULLE PENSIONI

  al di la del problema economico

 

 

Giovanni De Sio Cesari 

 

La sentenza

Infinite polemiche e discussioni hanno  acceso la pronuncia  della Corte Costituzionale sulla incostituzionalità della norma del governo Monti che bloccava per alcuni anni l’adeguamento delle pensioni. Poiche la norma mette in seria difficolta il governo Renzi,  le forze contrarie al governo hanno plaudito e quelle favorevoli  espresso critiche,. come è coinsuetudine   che avvenga,  Al di la della propaganda dei partiti  cerchiamo di comprendere  non tanto le implicazioni economiche della sentenza ma la sua congruità al nostro ordinamento

Innanzi tutto vediamo esattamente cosa dice la la sentenza: per estesa :  si rimanda a link

http://www.giurdanella.it/2015/04/30/27916/

 

Riportiamo la parte centrale che è quello che qui ci interessa:

La disposizione concernente l’azzeramento del meccanismo perequativo, contenuta nel comma 24 dell’art. 25 del d.l. 201 del 2011, come convertito, si limita a richiamare genericamente la «contingente situazione finanziaria», senza che emerga dal disegno complessivo la necessaria prevalenza delle esigenze finanziarie sui diritti oggetto di bilanciamento, nei cui confronti si effettuano interventi così fortemente incisivi. Anche in sede di conversione (legge 22 dicembre 2011, n. 214), non è dato riscontrare alcuna documentazione tecnica circa le attese maggiori entrate, come previsto dall’art. 17, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, recante «Legge di contabilità e finanza pubblica» (sentenza n. 26 del 2013, che interpreta il citato art. 17 quale «puntualizzazione tecnica» dell’art. 81 Cost.).

L’interesse dei pensionati, in particolar modo di quelli titolari di trattamenti previdenziali modesti, è teso alla conservazione del potere di acquisto delle somme percepite, da cui deriva in modo consequenziale il diritto a una prestazione previdenziale adeguata. Tale diritto, costituzionalmente fondato, risulta irragionevolmente sacrificato nel nome di esigenze finanziarie non illustrate in dettaglio. Risultano, dunque, intaccati i diritti fondamentali connessi al rapporto previdenziale, fondati su inequivocabili parametri costituzionali: la proporzionalità del trattamento di quiescenza, inteso quale retribuzione differita (art. 36, primo comma, Cost.) e l’adeguatezza (art. 38, secondo comma, Cost.). Quest’ultimo è da intendersi quale espressione certa, anche se non esplicita, del principio di solidarietà di cui all’art. 2 Cost. e al contempo attuazione del principio di eguaglianza sostanziale di cui all’art. 3, secondo comma, Cost.

La norma censurata è, pertanto, costituzionalmente illegittima nei termini esposti.

 

Le critiche alla pronuncia si sono concentrate sull’effetto economico disastroso sulla mancanza di motivazioni e con la difformità su precedenti sentenze su materie  simili

 

Tuttavia il punto che più ci interessa non sono fra questi  ma  Il fatto è che, interpretando estensivamente  il suo compito, la Corte finisce con il sovrapporsi  al potere politico , cosi come avviene in modo cosi frequente per tante  altre sentenze. Anche se giudicassimo la sentenza ben  motivata e opportuna sarebbe, a nostro parere,   sempre un  stravolgimento di quell’ordinamento  Costituzionale  che la Corte dovrebbe custodire.

 

Lo straripamento dei poteri

Se la Corte Costituzionale si attenesse ai propri compiti avrebbe ben poco da fare: è piuttosto difficile che una legge sia contraria ai principi costituzionali in senso stretto. Non riesco a  immaginare una legge che tassi i  mussulmani in modo diverso dagli altri o che impedisca a un buddista di assumere cariche pubbliche  oppure che negasse il voto alle donne 

Per altro, alcune prassi consolidate sono chiaramente  anti costituzionali: ricordo, ad esempio l’assetto dei sindacati , oppure l’uso ormai generale del  decreto legge che dovrebbe essere una eccezione mentre è diventato  la regola : direi pure che sarebbe  da discutere sulla costituzionalità delle quote rose

 Insomma un provvedimento che  bloccasse gli adeguamenti solo alle pensioni dei buddisti o dei neri o dei comunisti  sarebbe  certo anti Costituzionale : ma se la Corte pretende di giudicare se un adeguamento è giustificato o meno  dalle esigenze economiche generali esprime un parere politico , forse pure  etico, ma non giuridico

 

La  Corte Costituzionale ricorda  la Rahbar  (Guida Suprema) dell’ Iran che per ogni provvedimento  puo stabilire se  sia o meno islamico. Ma nel corano, come nei principi della costituzione,  ovviamente non si trovano precisi riferimenti e quindi  si sostituisce  ad essi una interpretazione, una delle tante infinite possibili, secondo l’arbitrio  di chi esercita l’autorità.

 

Il fatto che mi colpisce negativamente è una sorta di sacralità che avvolge le sentenze, tutte non solo quelle della Corte  costituzionale. Tutti sembrano accettarle come  un fatto incontestabile. Non vedo nessuno, che contesta l’assurdità di una tale sentenza. A me pare  una assurdità che qualunque cosa  decida la magistratura,  per quanto assurda incomprensibile contraddittoria  palesemente infondata noi non dobbiamo fare  altre che accettarla  umilmente , senza esercitare quello spirito critico di cui poi tanto abbondiamo in politica. Mi aspetterei editoriali sui grandi giornali, interventi di esperti di ogni campo, manifestazioni di piazza e le solite satire tv e vignette sui giornali

 Niente di tutto  questo accade quando  la Consultadecreta che non si possono toccare le pensioni d’oro, quando  a Perugia la cassazione decide  che non esistono nemmeno gli elementi per processare chi per due volte è stato condannato  per assassinio.   Sembrano quasi che tutti lo  accettano come una verità di fede.

 E come se noi avessimo delegato a una casta sacerdotale la interpretazione della volontà divina , in questo caso della costituzione  Io mi aspetto almeno che qualcuno inizi a dire  che  il re è nudo e allora tutta questa assurdità  cadrà a pezzi

 

Va notato pero  che il fenomeno è mondiale: molto dipende dalla confusione fra  i diritti giuridici e quelli economici. I primi non hanno bisogno di spese ingenti  riguardano solo l’ordinamento e giustamente sono oggetto di giudizi della magistratura. I cosi detti diritti economici invece hanno bisogno di grandi  fondi e sono possibili in quanto  compatibili con essi : diciamo che sono mete da perseguire e  la politica  sceglie i mezzi su mandato dell’elettore   

Esemplificando : discriminazioni di sesso sul lavoro  possono essere  giudicate da magistrati ma essi non possono sentenziare   che lo stato deve darmi un lavoro anche se la costituzione  parla di repubblica fondata sul lavoro Nel  primo caso il problema è solo giuridico nel secondo economico e allora i giudici dovrebbero indicare anche dove prendere i fondi,  cosa che certamente non possono fare 

L’anomalia pero della Corte Costituzionale è quella comune a tutta la magistratura italiana : lo  cavillosità , la creatività,  la mancanza di misura, la contraddittorietà fra sentenze diverse:  tutti hanno messo in luce questi caratteri anche nella sentenza delle pensioni

La costituzione vieta discriminazione di razza religione sesso opinioni politiche quindi chiaramente  non si può pensare di dare una pensione diversa ai neri ai buddisti, ai comunisti, alle donne

Ma non si parla di uguaglianza di trattamento economico e normativo

Quindi è possibile che i professori  abbiano un orario diverso dei ferrovieri, o che i capostazione abbiano un aumento e i macchinisti no e così via

Quindi lo stato può aumentare e quindi anche diminuire le pensioni e non i salari  e viceversa secondo criteri economici  di equità  di cui risponde all’elettorato

Come dicevamo  se  la Corte Costituzionale se si limitasse al suo vero compito avrebbe ben poco  da fare  si riunirebbe  in casi rari eccezionali

Ha quindi  esteso arbitrariamente il suo ambito:  la sentenza  sulle pensioni è solo la punta delle iceberg

 

Nel merito

la crisi ha diviso l’ Italia fra garantiti e non garantiti. Fra i secondi i giovani  non piu giovani che passano da un precariato all’altro, i padri di famiglia che perdono il lavoro a 50 anni

Fra i secondi gli impiegati statali e ancora di più  i pensionati (non quelli di pensione sociali ) che hanno ricevuto trattamenti ormai impensabili

Mi pare quindi equo e solidale che se ci siano  dei sacrifici da fare si parta dai pensionati e dai garantiti

io sarei favorevole che si finanziasse un cosi detto reddito di cittadinanza con un taglio delle pensioni ( in proporzionale all’entità naturalmente) . Forse  converrebbe anche ai pensionati  che spesso debbono  isare la  pensione per soccorrere i figli non in grado di essere autonomi

Ci sono politici  che in TV mostrano come trovare i 18 miliardi occorrenti: ma se mai si trovassero perche non utilizarli per aiutare quelli che non trovano lavoro invece di darli a chi ha una pensione superiore  ai tre volte il minimo ?

Dovrebbero andare a favore di quelli che la crisi ha colpito drammaticamente i soliti giovani non giovani e non certo quelli che la crisi non ha toccato: pensionati, insegnanti, statali in generale

Non ci illudiamo  che il livello di prosperità anti crisi possa essere ripreso  nella nostra società: alcuni pensionati statali godono ancora di quel livello mentre  altri sono precipitati  in un tunnel di cui non si vede la luce

In Italia  rispetto agli altri stati spendiamo molto di più in pensioni e molto meno in ammortizzatori sociali

Io credo che bisognerebbe riequilibrare

 

Dirittii acquisiti

Sulla stampa e nei discorsi comuni  si parla a proposito della sentenza dei dirtti acquisisti  nella sentenza della Consultanon c’e nessun riferimento ad essi

In genere La Corte Costituzionale quindi non ha mai citato i diritti acquisiti se non per rigettare la loro  sussistenza

Semplicemente la Corte ritiene che  il non adeguamento di pensioni tre volte superiori al minimo  non sia giustificato  dalle esigenze di bilancio del paese:  su quali strambe  motivazioni si basi non  viene in nessun modo spiegato e soprattutto non si capisce perche mai una valutazione che è propriamente  economica e politica sia adottata da un organo giudiziario   

Per altro i  diritti acquisiti nella pratica significa che ciascuno mantiene quello che ha, poco o molto o  moltissimo che sia , una specie di pietrificazione delle privilegi e delle ingiustizie sociali. 

Tuttavia per fare un po di chiarezza

La non retroattività  delle leggi è sanzionata dalla costituzione solo per le leggi penali: non posso essere condannato per un fatto che ora è reato  ma che quando è stato compiuto non lo era. ( tuttavia se il reato è stato abolito in seguito al fatto ugualmente non posso essere condannato ) Il principio è stato sollevato a proposito della decadenza di Berlusconi che non era prevista al momento in cui Berlusconi ha compiuto  il reato: si è risposto che la decadenza non era una fatto penale 

. La non retroattività delle altre leggi è un principio generale dal quale pero si anche  anche derogare ( e nel fatti si deroga) , Le leggi riguardano il futuro non il passato ma spesso  per il futuro si tiene conto dei fatti passati. Si parla quindi di diritti acquisiti (esattamente in  giurisprudenza : quisiti )   se si tratta di fatti gia compiuti  ( praeteriti) Caso classico:  se ho lavorato debbo essere pagato anche se la nomina non  era valida  oppure  non puo essere richiesto la restituzione di quanto percepito regolarmente  se non per errore materiale  (non si puo dire: hai guadagnato troppo e quindi devi restituire: una riduzione di stipendio o pensione non può riguardare il passato )   

 Si parla a livello politico ( non giuridico) dei diritti acquisiti concependo  i rapporti di lavoro come un patto implicito : io ho scelto di fare l’ insegnante perche sapevo di avere un certo orario,  fare una certa carriera, di  avere un certo stipendio e una certa pensione : i patti bisogna  rispettarli. Ma si  tratta di aspettative  che non sono pero diritti anche se possono essere tutelati a  livello politico: altrimenti non potremmo mai cambiare nulla perche sempre vi sono persone che  avrebbero dei diritti quisiti da rispettare

 D’altra parte anche i patti si mantengono sempre stantibus sic rebus ( se le cose non cambiano) a tutti i livello, da quelli internazionali fino a quelli commerciali: esiste infatti la risoluzione di contratto privato anche per sopravenuta eccessiva onerosità  o impossibilita  di  esecuzione.  Se io faccio un contratto di trasporto e poi la benzina aumenta  improvvisamente  allora il contratto puo essere invalidato.   nel caso delle pensioni è evidente che  le cose sono cambiate   non solo per la crisi ma anche per l’aumento delle longevita e il  rovesciamento della cosi detta scala delle eta: . il rapporto pensionati lavoratori su cui si regge il sistema pensioni  è fortemente  alterato 

 

 

Conclusione

Se lo stato ha l’autorità per fare regole ha di conseguenza anche quella di revocarle e modificarle: sarebbe  ben strano  che una legge valesse per sempre. Le pensioni sono indicizzate secondo una legge degli anni 90, prima non lo erano. non c è nessuno motivo per cui quella legge non possa essere abrogata, modificata, sospesa

In altri termini il modo di ragionare di certi  professoroni, di certa sinistra è  che la nostra costituzione, il nostro sistema proporzionale, il nostro ordinamento giudiziario  sono i  migliori e che, quindi, se non funzionano dipende dalla disonestà e o incompetenza degli uomini e quindi una enfasi eccessiva sul problema etico

Io penso invece che se un ordinamento non funziona allora va cambiato  se un sistema elettorale molto rappresentativo crea instabilità e in governabilità occorre un sistema meno rappresentativo ma più efficace

Al limite aboliamo pura la democrazia se necessario al benessere della nazione

Infatti  noi sosteniamo la democrazia perché la  consideriamo la migliore (o  meno peggiore) forma di governo: ma è una affermazione contingente a un certo contesto non una verità universale

La democrazia è sempre un mezzo non un fine

 

 

 

 

 

Pensioni, ora si rispetti la sentenza della Consulta

Da IL FATTO QUOTIDIANO, 3 maggio 215

 

A quasi quattro anni dalla riforma Fornero delle pensioni, la Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionale l’articolo che bloccava la perequazione delle pensioni di importo superiore a 3 volte il minimo.

La mancata perequazione delle pensioni non era il solo punto debole della riforma, datosi che l’approssimazione con la quale fu scritta generò il noto problema degli esodati che ancora si trascina oggi, nonché innalzamenti subitanei
dell’età pensionistica del tutto irrazionali.
Tuttavia il blocco della perequazione applicato a partire da redditi molto bassi (circa 1.500 € lordi/mese) era misura sufficientemente odiosa in quanto colpiva, in maniera fiscale (progressività basata sul reddito) e in un ambito previdenziale, selettivamente solo i redditi da pensione, ignorava gli orientamenti di sentenze precedenti della Corte Costituzionale e riduceva programmaticamente per sempre gli importi delle pensioni, dunque non limitando affatto gli effetti dei “prelievi” alla contingente situazione finanziaria dello Stato. Infatti, la mancata perequazione non è un contributo temporaneo (comunque anch’esso bocciato in passato dalla Corte), ma depaupera in modo percentuale la pensione per sempre.

Per capire meglio gli effetti di questa misura perversa, basta guardare attentamente questo interessante grafico pubblicato sul sito Problemi del lavoro.

pensioni

 

Dal 1997 al 2019, grazie a successivi provvedimenti di sospensione dell’adeguamento delle pensioni al costo della vita, le stesse hanno perso e avrebbero perso, se la Corte Costituzinale non avesse dichiarato incostituzionale l’ultimo intervento targato Monti/Fornero, percentuali di potere di acquisto reali variabili tra qualche decimale a circa il 12 % e oltre per le pensioni elevate.

La progressività delle perdite di potere d’acquisto identifica chiaramente questi interventi come re-distributivi e a natura essenzialmente fiscale (basati sul reddito); niente che li collochi logicamente nell’ambito previdenziale.

La Corte ha sancito nella sua sentenza la natura fiscale dell’ultimo intervento e la continuità tra reddito da lavoro e assegno pensionistico.

La sentenza ha scatenato ridde di commenti; molti commenti sono pregiudiziali: la Consulta sentenzia pro domo sua perché i giudici sono tutti in età di pensione; la sentenza premia i pensionati a danno dei giovani; la sentenza non tiene conto delle necessità della nazione tutta.

Commenti per lo più infondati che distolgono l’attenzione dal nocciolo duro della sentenza: la costituzione sancisce come ci debba essere continuità tra il tenore di vita possibile durante l’attività lavorativa e quello durante la quiescenza. In spiccioli: chi era benestante durante l’attività lavorativa dovrebbe esserlo proporzionalmente anche a riposo e cercare di abbassargli il tenore di vita con artifizi legislativi non è consentito, almeno nell’ambito della Carta Costituzionale. Ciò può non piacere e non piace certamente a chi pensa che una pensione elevata sia un abuso e che in età di quiescenza si debba mettere fine alle diversità di reddito che invece si tollerano (di malgrado) per i lavoratori attivi; tuttavia la Corte indica che ove si voglia “porre rimedio” alle presunte ingiustizie della società ciò non possa essere fatto per un unico segmento di età.

In parallelo ai commenti più ideologici che giuridici, è già iniziata la gara tutta italiana a chi pensa il modo migliore per aggirare la sentenza della Consulta, la quale per inciso comporta per l’erario la restituzione di minimo 5 miliardi di euro, ma forse del doppio. Quindi si esercita la fantasia; per esempio ipotizzando di interpretare la sentenza come mirata a difendere solo il potere d’acquisto delle pensioni più basse e già prevedendo rimborsi a rate.

La prima idea non solo esporrebbe a ulteriori ricorsi degli esclusi dall’applicazione della sentenza (ma tanto si è capito che il senso civico dei governi nel non lasciare eredità pesanti ai successivi è assai limitato), ma soprattutto, in ragione di quanto spiegato dal grafico, salvaguarderebbe chi dalla non perequazione perde poco in termini percentuali e continuerebbe a colpire chi perde tanto; una cosa che potremmo definire “comunismo nella terza età”, applicato in una società che comunista invece non è nella distribuzione dei redditi da lavoro e che con grande probabilità proprio non vuole esserlo, con l’aggravante della irrispettosità dei principi giuridici e del ruolo della Corte Costituzionale.

Sarebbe opportuno applicare la sentenza senza se e senza ma e focalizzarsi sul come reperire risorse per mantenere i conti in ordine e garantire miglior futuro ai giovani in altre maniere e i suggerimenti sono gli stessi ripetuti fino alla noia: azzerare l’evasione fiscale, imporre agli enti locali i costi standard da subito, eliminare prebende, sprechi ed enti inutili, combattere l’evasione contributiva che tra l’altro genera pensioni basse (e che vengono sussidiate) per individui che hanno accumulato ricchezza anche evadendo.

di Michele Carugi | 3 maggio 2015