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LA FLESSIBILITA' DEL LAVORO 

ITALIA E USA A CONFRONTO 

 

 

Giovanni De Sio Cesari  

 

In Italia c’è chi loda la flessibilità del lavoro come un progresso o comunque una esigenza della moderna economia e chi invece considera la flessibilità (o meglio”precarietà”) come una grande  sciagura nazionale, una vera emergenza da affrontare e risolvere  

Recentemente la polemica si è riaccesa quando il ministro italiano delle finanze, Tremonti ha, con una certa sorpresa generale, riconosciuto che il posto fisso è preferibile alla flessibilità,che è un valore, dopo che, per anni. la sua parte  politica di centro destra aveva invece  esaltato o almeno presentata come necessaria la flessibilità del lavoro  

Cerchiamo di analizzare il problema rilevando le differenze fra Italia e USA.

 Un primo elemento essenziale deve essere messo in luce: flessibilità  del lavoro ha un significato profondamente diverso se riferito a una economia forte come quella USA  o a una economia  debole come quella Italiana che ha,cioè, gravi problemi di occupazione

In una economia tendenzialmente di piena occupazione, come quella USA o quelle forti del nord Europa, la flessibilità del lavoro significa effettivamente quello che la parola indica: un lavoratore CAMBIA il suo posto di lavoro,cioè lascia  un lavoro e ne trova un altro mentre in Italia, afflitta da sempre da gravi problemi di occupazione, sostanzialmente significa tutta un’altra cosa: un lavoratore perde il suo posto di lavoro e  rimane disoccupato

In USA, infatti, se si perde il proprio posto di  lavoro ci si reca al job center che gli sottopone una lista di richieste di lavoro nella  quale si può scegliere. Certo capiterà  che ci sono lavori peggiori di quello che si è perduto, magari anche non all’altezza della propria preparazione e capacità ma qualcosa sempre si trova: al limite ci si accontenta anche di un posto nel fast food, incubo pare di ogni lavoratore americano: ma comunque  si tratta sempre di un lavoro dignitoso perche tutti i lavori  onesti sono dignitosi e, comunque, permette di mantenere la propria famiglia anche se a un livello modesto.

Ma in Italia è tutta altra faccenda: i corrispondenti teorici del job center sono i “centri di avviamento al lavoro”: ma ci si iscrive solo per godere di certi benefici di legge ma, a memoria d’uomo, nessuno ha mai trovato un lavoro  tramite di essi.

Trovare un lavoro in Italia  è una impresa difficile,lunga e complessa: nel settore pubblico lunghi concorsi con pochissimi posti e infiniti concorrenti: in media 100 concorrenti per ogni posto: una impresa disperata. Nel privato si comincia in genere con conoscenze dirette e personali e chi ha una famiglia più influente, parte grandemente avvantaggiato. Poi si comincia una lunga odissea: all’inizio si figura come apprendisti anche se si lavora e si produce come tutti gli altri e non si è pagati quasi per niente  Poi man mano, se si riesce a ingranare, si arriva a una serie di contratti e. se si è molto fortunati, si è assunti regolarmente. Una lunga e difficile trafila quindi: ma se si perde il posto e non si è tanto giovani  la possibilità di trovare un  altro posto di lavoro praticamente tende allo zero. Un operaio licenziato dalla Fiat, a oltre 40 anni, ha ben poche speranze di trovare un qualche altro lavoro perche non è più in grado di seguire la lunga e difficile procedura: e sarà sempre  agevolmente scavalcato da qualcuno più giovane e disponibile.

 

 In USA è comune cambiare posto di lavoro nel corso della propria vita: si studia economia  poi, magari, per un certo periodo si insegna, poi si diventa consigliere  finanziario, magari dirigente di una azienda poi si può passare a insegnare all’università migliorando sempre, oppure, magari si torna indietro nella scala del lavoro e alla fine  ci si ritrova magari semplice impiegato esecutivo o modesto segretario: dipende  da tante cose: l’impegno, le capacità .l’andamento del mercato, della economia, le occasioni, la fortuna, naturalmente  

Ma in Italia le cose vanno diversamente. Nelle scuole americane  è il headmaster ad assumere ed, eventualmente, a licenziare  gli insegnati: tuttavia  poi non vi sono molti richieste per  quel lavoro per cui, spesso, alla fine il Headmaster deve pure sapersi regolare per non restare senza insegnanti. Conseguentemente chi vuole insegnare,  senza troppe difficoltà, trova un posto  di insegnante che poi potrà lasciare per altro lavoro  per migliorare o potrà tornarci in seguito, o, al limite, dovrà  accontentarsi di un posto peggiore. La flessibilità del lavoro non è un dramma  ma una possibilità che ordinariamente  permette di migliorare con il tempo e l’esperienza  la propria  condizione lavorativa e solo qualche  volta , purtroppo, anche la peggiora. Ma pensiamo  a un insegnante italiano: già quando studia sa che non ci sono posti per tutti quelli che conseguono i relativi titoli di studio: gli aspiranti sono tanti, i posti pochi. In Italia  l’ultimo concorso nazionale per insegnati  è stato bandito dieci  anni fa, poi nessun altro concorso. Si entra nella scuola cominciando a fare qualche supplenza saltuaria e, prima ancora, si lavora in scuole private  di infimo ordine senza essere quasi pagati ma per accumulare qualche punteggio per ottenere  poi le supplenze. Dopo dieci anni, in media, di questa dura, umiliante trafila si spera che miracolosamente,  per qualche colpo di fortuna, si possa essere assunto in pianta stabile con certezza dell’avvenire e della pensione: il sospirato posto fisso statale

Nell’ultimo anno  il governo ha tentato di non assumere  altri insegnanti  ma coloro  che avevano  seguito la via dolora del precariato per magari 10 anni e che avevano la fondata speranza di essere finalmente assunti hanno protestato,  sono saliti sui tetti delle scuole minacciando di gettarsi giù: non è pensabile. nè umano che dopo dieci anni di una tale  via crucis, quando ormai si era vicini finalmente al sospirato posto fisso lo Stato dica: no, grazie non abbiamo più bisogno di voi: trovatevi  un altro lavoro: e dove trovarlo?

Ancor più impensabile che insegnati dello Stato a posto fisso, possano essere  licenziati.  Dove mai un docente che ha superato i 40 anni troverebbe mai un lavoro? Anche se si accontentasse di fare i panini al Mc’Donalds, chi mai assumerebbe un professore, non più giovanissimo ,per un compito del genere? Si preferirebbe sempre il giovano con bassa scolarizzazione. O forse il  professore  potrebbe imparare un mestiere: e chi mai assumerebbe come apprendista meccanico o idraulico un professore  avanti negli anni?
L’Italia è un paese che non ha risorse sufficienti per assicurare un lavoro a tutti: bisogna guadagnarselo il posto, trovarlo che è impresa difficile : se lo si perde specie a una certa  età, generalmente, non si è in grado più di trovarne un altro.

Per questo la flessibilità  in Italia non è una opportunità come può esserlo in America ma una vera tragedia.

Se non si raggiunge un lavoro ragionevolmente stabile non si mette su famiglia e si rimane nella famiglia di origine che comunque assicura un minimo di mantenimento. Quando però si raggiunge il lavoro stabile,  allora si mette su famiglia.  si hanno bambini, si compra la casa a rate  Se si perde il lavoro ed è quasi impossibile trovarne un altro che succede, come si porta avanti la famiglia come si paga il mutuo, le spese  di casa, i mille impegni che si sono presi confidando nella ragionevole certezza di quella entrata ?

Togliete a una persona  il lavoro e gli avete tolto la vita, la speranza la dignità stessa: la famiglia entra in un tunnel di disperazione, cerca  aiuto nei parenti che non sempre  sono in grado di darlo: si sprofonda  in un tunnel di disperazione

Le famiglie entrano spesso in crisi, si sfasciano 

 Vi sono gli ammortizzatori sociali, cioè varie forme di indennità per chi ha perso il lavoro. Ma si tratta comunque  di provvidenze insufficienti, che soprattutto durano solo un tempo determinato e non previsti per  tutti i tipi di lavoro: in pratica, lasciano senza aiuto proprio i più bisognosi

 

La flessibilità quindi in Italia diventa  una vera tragedia  e determina la formazione dei cosi detti “nuovi poveri”. Si tratta  di famiglie che a un certo punto si trovano con pochi  o nessun mezzo di sostentamento pure essendo, per il  passato, abituati a un sufficiente e qualche volta a un buon livello economico Come spiegare a un bambino che non può più avere  le cose che ha sempre avuto e che per  lui sono naturali: perchè non si può più andare in vacanza come sempre, perchè non può avere tutti i giochi che ha sempre  avuto.

Un bambino che nasce povero considera la povertà come un fatto naturale ma il bambino che nasce in un discreto livello di agiatezza considera ugualmente quel livello come naturale : come spiegare che la produzione moderna esige la flessibilità ?

La crisi finanziaria dell’ultimo anno ha acuito problemi e difficoltà economiche preesistenti  ma pare che essa si vada rimarginando, anche se gli effetti peggiori sul lavoro probabilmente sono ancora da venire. Ma quando saremo tornati, speriamo al più presto, alla situazione preesistente saremo tornati ai problemi preesistenti che nel frattempo non saranno certo spariti e il problema più sentito, indubbiamente, è quello della precarietà per i risvolti umani e sociali che la precarietà stessa comporta.