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 I DICO

 

Commento di un lettore

 IL PROBLEMA

a cura di Giovanni De Sio Cesari

Anche in Italia si è posto il problema delle unioni gay e delle unioni di fatto  (fra eterosessuali) Il problema però assume in Italia un particolare rilievo politico perchè le forze che  sostengono la attuale maggioranza (di centro-sinistre ) sono in profondo disaccordo: la componente di ispirazione cattolica è ostile mentre quella “laica”,soprattutto di estrema sinistra, ne  fa un punto irrinunciabile. Per evitare che la spaccatura mettesse in  pericolo il governo esponenti delle due aree hanno cercato di raggiungere un compromesso accettabile per tutti .E’ stata presentato cosi dal Governo  il progetto di legge su :” Diritti e doveri dei conviventi”  (conosciuti come DICO). La proposta è stata elaborata da una esponente  dell’area laica ,Pollastrini e da,Rosy Bindi storica esponente democristiana, proveniente dall’Azione Cattolica e nota per la sua religiosità

 I DICO si presentano come una versione attenuata dei PACS  francesi, molto lontana d radicalismo della legge spagnola patrocinata da  Zapatero

Tuttavia la Chiesa Cattolica si è opposta con grande vigore con toni decisi e fortissimi che non si sentivano da molto tempo: ha richiamato anche direttamente i parlamentari  cattolici al dovere morale di votare secondo la fedeltà ai valori cattolici e agli insegnamenti della Chiesa.

Il governo, gia in crisi per motivi di politica intenzionale, ha messo da parte il progetto dei DICO che comunque  continua il suo iter  parlamentare

 Difficilmente  potrà pero  essere approvato almeno in tempi brevi benchè ci sia in teoria un maggioranza trasversale ai due schieramenti  favorevole sia nel parlamento  che nel paese

 

CONTENUTO NORMATIVO DEI DICO

"Due persone maggiorenni, anche dello stesso sesso, unite da reciproci vincoli affettivi, che convivono e si prestano assistenza e solidarietà materiale e morale, non legate da vincoli di matrimonio, parentela in linea retta, adozione, affiliazione, tutela, curate o amministrazione di sostegno, sono titolari dei diritti e delle facoltà stabiliti dalla presente legge". Inizia così il ddl sui "Diritti e doveri delle persone stabilmente conviventi" approvato dal Consiglio dei ministri.

La convivenza. Si legge nel testo che la convivenza "è provata dalle risultanze anagrafiche". La dichiarazione può avvenire contestualmente, ma nel caso ciò non avvenga "il convivente che l'ha resa ha l'onere di darne comunicazioni mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento all'altro convivente".

Gli esclusi. Non possono accedere ai diritti regolati dalla legge i condannati per "omicidio consumato o tentato sul coniuge dell'altra o sulla persona con la quale l'altra conviveva" o anche che "sia stata rinviata a giudizio" per lo stesso reato. Escluse anche le persone "legate da rapporti contrattuali, anche lavorativi, che comportino necessariamente l'abitare in comune". Ovviamente per una falsa dichiarazione di convenienza è prevista una pena: da uno a tre anni di carcere e una multa da 3 mila a 10 mila euro.

La malattia. "Le strutture ospedaliere e di assistenza pubbliche e private regolano l'esercizio del diritto di accesso del convivente per fini di visita e di assistenza nel caso di malattia o ricovero dell'altro convivente". Questo si legge nel capitolo "assistenza per malattia o ricovero" della legge sulle unioni di fatto.

Secondo il testo in discussione al Cdm "ciascun convivente può designare l'altro suo rappresentante: a) in caso di malattia che comporta incapacità di intendere e di volere, al fine di concorrere alle decisioni in materia di salute, nei limiti previsti dalle disposizioni vigente; b) in caso di morte, per quanto riguarda la donazione degli organi, la modalità di trattamento del corpo e le celebrazioni funerarie". Questa designazione "è effettuata mediante atto scritto e autografo. In caso di impossibilità di redigerlo viene formato un processo verbale alla presenza di tre testimoni, che lo sottoscrivono".

Case popolari. Le Regioni "tengono conto della convivenza ai fini dell'assegnazione di alloggi di edilizia popolare o residenziale pubblica". In buona sostanza, le Regioni dovranno tener conto nelle graduatorie per le case popolari anche dei conviventi registrati.

Contratto di affitto. "In caso di morte di uno dei conviventi che sia conduttore del contratto di locazione della comune abitazione, l'altro convivente può succedergli nel contratto, purché la convivenza perduri da almeno tre anni ovvero vi siano figli comuni". Questa disposizione, si legge ancora, "si applica anche nel caso di cessazione della convivenza nei confronti del convivente che intenda subentrare nel rapporto di locazione".

Tutele sul lavoro. "La legge e i contratti collettivi disciplinano i trasferimenti e le assegnazioni di sede dei conviventi dipendenti pubblici e privati al fine di agevolare il mantenimento della comune residenza, prevedendo tra i requisiti per l'accesso al beneficio una durata almeno triennale della convivenza". Il ddl sulle unioni di fatto, specifica come "il convivente che abbia prestato attività lavorativa continuativa nell'impresa di cui sia titolare, l'altro convivente può chiedere, salvo che l'attività medesima si basi su di un diverso rapporto, il riconoscimento della partecipazione agli utili d'impresa, in proporzione all'apporto fornito".

Eredità. "Trascorsi nove anni dall'inizio della convivenza il convivente concorre alla successione legittima dell'altro convivente", avendo diritto "a un terzo dell'eredità se alla successione concorre un solo figlio e ad un quarto se due o più figli". In particolare il ddl prevede che "in caso di concorso con ascendenti legittimi o con fratelli e sorelle anche se unilaterali al convivente è devoluta la metà dell'eredità". Se non ci sono figli o di fratelli e sorelle "al convivente si devolvono i due terzi dell'eredità", mentre "in assenza di altri parenti entro il terzo grado in linea collaterale, l'intera eredità". La legge specifica poi, dal punto di vista fiscale, che "quando i beni ereditari di un convivente vengono devoluti all'altro convivente l'aliquota sul valore complessivo netto dei beni è stabilita nella misura del 5% sul valore complessivo netto eccedente i 100 mila euro".

Gli alimenti. "Nell'ipotesi in cui uno dei due conviventi versi in stato di bisogno e non sia in grado di provvedere al proprio mantenimento, l'altro convivente è tenuto a prestare gli alimenti oltre la cessazione della convivenza, purchè perdurante da almeno tre anni, con precedenza sugli altri obbligati, per un periodo determinato in proporzione alla durata della convivenza". L'obbligo di versare gli alimenti, si legge ancora, "cessa qualora l'avente diritto contragga matrimonio o inizi una nuova convivenza" registrata all'anagrafe.

Riconosciute coppie in essere. "Entro nove mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, può essere fornita la prova di una data di inizio della convivenza anteriore a quella delle certificazioni" registrate all'anagrafe. Nello stesso articolo, il 13, del ddl si specifica che la registrazione di una convivenza fa cessare "i diritti patrimoniali, successori o previdenziali e le agevolazioni previste" per i divorziati. Ovviamente gli stessi diritti riconosciuti dalla legge ai conviventi cessano se uno degli ex conviventi si sposa.

Reversibilità. "In sede di riordino della normativa previdenziale e pensionistica, la legge disciplina i trattamenti da attribuire al convivente, stabilendo un requisito di durata minima della convivenza, commisurando le prestazioni alla durata della medesima e tenendo conto delle condizioni economiche e patrimoniali del convivente superstite". Così il disegno di legge approvato dal governo su "diritti e doveri delle persone stabilmente conviventi".
 

 

da L'ESPRESSO

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GOVERNO / LO SCONTRO SULLE CONVIVENZE

Unione ma non  di fatto

  di Marco Damilano

Il braccio di  ferro tra i ministri. Gli incontri riservati del segretario della Cei. La sfida nelle piazze. Maggioranza alla prova dei Pacs

I più rapidi ad arrivare, nel primo pomeriggio di martedì 30 gennaio, sono quelli del movimento Regina dell'Amore di Schio, provincia di Vicenza. Settanta pellegrini, in gran parte anziani, qualche suora: recitano le Ave Maria e il Pater noster davanti a Montecitorio, regalano un rosario al deputato di Forza Italia Guido Crosetto, si inginocchiano per chiedere assistenza divina. Il giorno dopo, davanti alla Camera, è il turno di Luigi Nervi, un ex vigile urbano di Acqui Terme che si è fatto la Penisola a piedi con addosso una pettorina gialla e la scritta 'Giù le mani dalla famiglia'. Proprio sotto il portone del settecentesco Palazzo Macchi di Cellere, dove al quarto piano ha trovato sistemazione il ministero della Famiglia istituito dal governo Prodi, nelle ore in cui la cartellina con il titolo 'Disegno di legge sui diritti e doveri delle persone conviventi' rimbalza da un ministro all'altro: Barbara Pollastrini, Rosy Bindi, Giuliano Amato. Chiama anche Franco Marini: "Mi garantite una volta per tutte che non stiamo parlando di un matrimonio di serie B?", si informa il presidente del Senato con la consueta schiettezza. "Bene: allora è una cosa sacrosanta, la sosterrò".

"È la via italiana", ripete la Bindi che di Pacs non vuole sentir parlare. Una via molto stretta. La legge non è ancora sul tavolo del Consiglio dei ministri e già la maggioranza di centrosinistra ha sbandato alla Camera sulla mozione anti-Pacs di Clemente Mastella. E si è sfiorata la crisi dei rapporti Stato-Chiesa, dopo l'esternazione madrilena del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che aveva chiesto una legge "sintesi" che tenesse conto delle "preoccupazioni espresse dal pontefice e dalle alte gerarchie ecclesiastiche". Nelle intenzioni presidenziali voleva essere un'apertura alla Chiesa, ma i vescovi l'hanno presa male. Ma quale sintesi, ha replicato il segretario generale della Cei monsignor Giuseppe Betori, "non può esserci compromesso: se la legge passa non resteremo inerti". In tanti sono pronti a prenderlo in parola. Sabato 3 febbraio il neonato Comitato per la difesa della famiglia si è autoconvocato davanti alla basilica di Santa Maria Maggiore. E il Movimento cristiano lavoratori (Mcl), 280 mila iscritti in tutta Italia, annuncia "manifestazioni pubbliche di dissenso" nel caso in cui il governo Prodi dovesse varare una legge che equipara le coppie di fatto alla famiglia: cortei e striscioni, come in Spagna.



È la guerra dei Pacs. No Pacs contro No Vat. Nelle prossime settimane la battaglia si trasferirà dalle aule parlamentari alle piazze. Da un lato, la mobilitazione dei settori più integralisti del mondo cattolico, vogliosi di ripetere il successo dei referendum sulla fecondazione assistita del 2005. Dall'altro, l'associazionismo gay, deciso a sorvegliare l'iter parlamentare della legge contro i tentennamenti del centrosinistra e le ingerenze del Vaticano. Un fitto calendario di iniziative: il 10 febbraio, il corteo del coordinamento Facciamo breccia con la parola d'ordine 'Più autodeterminazione meno Vaticano'. Un mese dopo, il 10 marzo, la manifestazione nazionale con la partecipazione di tutte le sigle storiche, dall'Arcigay al circolo Mario Mieli, più le tante nuove che sono nate negli ultimi mesi. E via manifestando fino al 9 giugno, la giornata del Pride annuale.

Una spaccatura che riflette lacerazioni antiche, come quella ottocentesca tra laici e cattolici, ma anche evoluzioni più recenti. Il fantasma dello zapaterismo che si aggira anche in Italia. E una Chiesa che si percepisce come una cittadella assediata, nonostante le tante leve a disposizione, economiche, politiche, mediatiche. Una Chiesa che insieme punta a rappresentare i "valori profondi del popolo italiano", come annuncia il cardinale Camillo Ruini, e al tempo stesso si muove come un'agguerrita, rumorosa minoranza: una lobby, un sindacato, disposto ad alzare la voce e rovesciare il tavolo quando la trattativa si fa dura. Come ha fatto per ben due volte in tre giorni monsignor Betori, il braccio destro di Ruini: la prima in diretta su RaiUno, alla trasmissione domenicale 'A sua immagine', la seconda replicando in modo irrituale al presidente Napolitano.

 

L'AVVENIRE

GIURISTI DI AN

«È un codice che neanche i coniugi hanno»

«È una sorta di codice ordinato di diritti del convivente, che non esiste nemmeno per i diritti di marito e moglie». Così due giuristi di An, Alfredo Mantovano e Giulia Bongiorno, commentano il ddl sulle coppie di fatto varato dal governo. E sottolineano che per decifrarne il senso «la maggiore sincerità viene da Rifondazione comunista», che ha parlato di «un primo passo». Ma in quale direzione? Forse «per colmare lacune dell'ordinamento?», si chiedono i due parlamentari. E rispondono con una breve «rassegna» di «quanto la legge ordinaria, la Consulta e la Cassazione hanno già riconosciuto in tema di salute, di assistenza, di interdizione, di figli, di locazione, di abitazione in proprietà, di alloggio popolare, di risarcibilità del danno, di norme penali...» ai conviventi. E spiegano: «Resta qualcosa? Può darsi, ma contestiamo la tecnica legislativa - frutto di scelta ideologica - di partire dal presupposto di formalizzare, sia pure blandamente, l'unione civile e di agganciarvi poi materie eterogenee, ciascuna delle quali ha nell'ordinamento giuridico sede, disciplina e logica differenti e diversificate. Il governo punta a introdurre uno strano contenitore, in cui inserire norme che si riferiscono a materie già disciplinate in altri testi di legge. I problemi che ne derivano non sono puramente estetici. A cominciare dalla disparità di trattamento con i coniugi. Il fine - concludono - è identificare una forma alternativa di famiglia: esce da Palazzo Chigi la locomotiva. Più in avanti saranno agganciati i vagoni...»