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Ukrainian Refugees

 

 

 

 

Dove sono fuggiti i profughi ucraini nei primi 40 giorni di guerra Migranti

 

 

From OPENPOLIS

Più di 100mila persone escono ogni giorno dall’Ucraina in guerra per rifugiarsi nei 7 paesi confinanti. Per questo l’Europa ha attivato una vecchia direttiva del 2001, mentre in Italia finora meno del 10% dei rifugiati è ospitato nei centri di accoglienza.

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Nei primi 40 giorni di guerra sono fuggite più di 4 milioni di persone dall’Ucraina, circa il 10% della popolazione. Grazie a una norma pensata per i conflitti nell’ex Jugoslavia, i profughi possono muoversi liberamente nell’Unione europea.

Si tratta di fatto di un nuovo approccio – seppur temporaneo – all’accoglienza degli sfollati di guerra in Europa.

4,2 milioni di persone sono fuggite dall’Ucraina dal 24 febbraio al 4 aprile 2022, secondo l’Unhcr.

 

Dove si recano i rifugiati

In media sono stati 116mila ogni giorno le profughe e i profughi ucraini fuggiti dal paese dal 24 febbraio, primo giorno dell’invasione da parte della Russia, fino allo scorso 4 aprile.

Si tratta per lo più di donne e minori, perché in virtù di una legge d’emergenza del governo ucraino è proibito agli uomini tra 16 e 60 anni di uscire dal paese, tranne che per alcune eccezioni.

Essendo lo spazio aereo ucraino chiuso ormai da settimane, l’unico modo per espatriare è via terra, in direzione delle nazioni confinanti.

 


Le direttrici di chi emigra dall’Ucraina (Unhcr).

 

L’Ucraina confina con 7 paesi. Gran parte dei rifugiati attraversa il paese in direzione nord-ovest, e attraverso l’importante stazione ferroviaria di Lviv (Leopoli) raggiunge la Polonia, in Unione europea. Questo è stato il doloroso percorso affrontato, finora, da 2,47 milioni di persone, pari al 58,1% del totale.

Dopo la Polonia, il paese dove sono entrati più profughi è la Romania, che accoglie il 15,3% degli sfollati. Seguono poi Moldavia, Ungheria, Federazione Russa e Slovacchia, dove l’agenzia Onu per i rifugiati (Unhcr) ha registrato ingressi simili (tra il 7% e il 9% del totale). La Bielorussia, invece, ha visto il passaggio di poco più di 16mila persone, pari allo 0,4%.

Infine occorre segnalare che gli ingressi in Moldavia conteggiati dalle Nazioni unite non comprendono quelli che attraversano la frontiera tra l’Ucraina e la Transnistria, regione separatista che però per la comunità internazionale fa parte della stessa Moldavia, anche se dotata di governo autonomo dal 1992. Qui, secondo il governo transnistriano sarebbero ospitate 25mila persone, mentre per l’esecutivo moldavo sarebbero entrati in Transnistria 15mila ucraini. Tuttavia questi dati sono privi di riscontri da parte di organizzazioni internazionali.

 
 

Il grafico mostra gli ingressi di persone provenienti dall’Ucraina dal 24 febbraio al 4 aprile 2022. Sono incluse le persone che una volta entrate nel paese lo lasciano immediatamente per approdare altrove. I dati rilasciati da Unhcr vengono comunicati dai rispettivi governi. Il dato della Federazione Russa è aggiornato al 29 marzo. Il dato della Repubblica Slovacca è aggiornato al 3 aprile.
FONTE: elaborazione openpolis su dati Unhcr
(ultimo aggiornamento: lunedì 4 Aprile 2022)
 
 

Le famiglie che fuggono dall'Ucraina invasa seguono più o meno coerentemente l'andamento delle operazioni militari nel corso di questa drammatica guerra.

L'Ucraina è una nazione molto estesa, per questo anche la provenienza territoriale dei profughi è decisiva per le tendenze e il tracciamento dei flussi migratori. Per esempio, nei giorni peggiori dei bombardamenti nella capitale Kiev e in altre metropoli del nord (come Kharkiv), si sono registrati maggiori ingressi in paesi più raggiungibili dalle zone settentrionali attraverso lo snodo di Leopoli, come la Polonia e la Romania.

Al contrario, dovessero intensificarsi i bombardamenti nella città più importante del sud - Odessa, finora solo lambita dalle operazioni belliche più violente - probabilmente si assisterebbe a maggiori flussi in entrata verso la Moldavia, la cui frontiera sud dista poco più di 50 km da Odessa.

 
 

Il grafico mostra gli ingressi di persone provenienti dall’Ucraina nei paesi con essa confinanti, dal 24 febbraio al 4 aprile 2022. Sono incluse le persone che una volta entrate nel paese di approdo lo lasciano immediatamente per recarsi altrove. Sono stati considerati i paesi confinanti con l’Ucraina: Polonia, Romania, Slovacchia, Moldavia, Federazione Russa, Ungheria e Bielorussia.
FONTE: elaborazione openpolis su dati Unhcr
(ultimo aggiornamento: lunedì 4 Aprile 2022)
 
 

Dall'inizio della guerra, il giorno in cui si è registrato l'esodo maggiore è il 7 marzo, con 207mila ingressi nei paesi confinanti, quasi il doppio della media giornaliera del conflitto.

A partire dal 14 marzo, invece, si è verificata una discesa nei numeri delle persone che hanno scelto di lasciare il proprio paese. Fino ad arrivare ai circa 29mila rifugiati lo scorso 4 aprile.

Quale accoglienza in Europa?

A inizio marzo le istituzioni europee hanno deciso di attivare in via del tutto eccezionale una direttiva europea risalente a oltre vent'anni fa.

Si tratta della direttiva 55, pensata nell'estate del 2001, quando ci si ritrovò di fronte al massiccio numero di sfollati provenienti dai paesi balcanici, vessati da anni di guerre.

La presente direttiva ha lo scopo di istituire norme minime per la concessione della protezione temporanea in caso di afflusso massiccio di sfollati provenienti da paesi terzi che non possono ritornare nel paese d'origine e di promuovere l'equilibrio degli sforzi tra gli Stati membri che ricevono gli sfollati e subiscono le conseguenze dell'accoglienza degli stessi.

Questa disposizione non era mai stata attivata per le numerose crisi di rifugiati generati dai conflitti scoppiati nell'ultimo ventennio, soprattutto in medio oriente e Asia centrale. Parliamo dei milioni di siriani giunti in Europa in questi anni, fino ai rifugiati afghani in fuga dal paese fino alla scorsa estate. Per non parlare da chi scappa dalle guerre (civili e non) nelle nazioni dell'Africa occidentale.

In tutti questi casi, com'è noto, le autorità del vecchio continente hanno deciso di finanziare ed "esternalizzare" l'accoglienza a paesi terzi - è il caso degli accordi con la Turchia nel caso della crisi siriana - o di affidare ai paesi di approdo le procedure di asilo individuali, come accade da tempo soprattutto nelle nazioni dell'Europa meridionale, più interessate dagli sbarchi di persone proveniente dal continente africano.

Dopo l'attacco della Russia all'Ucraina, invece, i ministri dell'Unione europea hanno deciso all'unanimità l'istituzione di un meccanismo di "asilo temporaneo" per rispondere all'afflusso di sfollati provenienti dall'ex repubblica sovietica.

L'articolo 6 della direttiva 55 sancisce che le persone che fuggono dal conflitto debbano godere di una protezione temporanea in Ue, uno status simile a quello del rifugiato, in qualsiasi paese dell'Ue e per un anno dall'ingresso, rinnovabile per altri due.

Lo status di rifugiato è la prima e più importante forma di protezione internazionale, e può essere riconosciuta a un richiedente asilo da uno stato membro della convenzione di Ginevra del 1951. Vai a "Che cosa si intende per migranti irregolari, richiedenti asilo o rifugiati"

La decisione di riattivare una norma messa da parte oltre vent'anni fa ha diversi obiettivi. Innanzitutto è fondamentale che, di fronte a un esodo così massiccio in così poco tempo, si debbano snellire le procedure per la protezione (seppur temporanea) degli sfollati ucraini. Attraverso la direttiva, infatti, si evita che le persone vengano sottoposte all'esame individuale delle domande di asilo, con il risultato di poter godere da subito dell'assistenza medica e sociale, del diritto al lavoro, del diritto all'istruzione per i minori, e ai contributi per il sostentamento delle famiglie stanziati dalle autorità comunitarie in queste settimane.

Inoltre viene lasciata libertà ai profughi di circolare tra le nazioni europee, senza vincoli di spostamento tra un paese e l'altro.

Infine c'è un aspetto che riguarda più che altro gli equilibri tra gli stati membri. Per quanto riguarda le persone che entrano nei circuiti dell'accoglienza organizzata dalle singole nazioni, infatti, attualmente non vi sono quote prefissate di redistribuzione tra i paesi membri.

Gli Stati membri accolgono con spirito di solidarietà comunitaria le persone ammissibili alla protezione temporanea. Essi indicano la loro capacità d'accoglienza in termini numerici o generali. [...] Tali indicazioni vengono rapidamente comunicate all'UNHCR.

La presenza ucraina in Italia

Al 4 aprile erano 83.100 le persone provenienti dall'Ucraina entrate in Italia dopo il 24 febbraio. Poco più di 2mila al giorno.

Secondo quanto ha recentemente affermato alla camera la ministra dell'interno Luciana Lamorgese, al 29 marzo il 60,1% delle persone (circa 42mila) aveva fatto ingresso in Italia attraverso la frontiera con la Slovenia, il 35,7% era arrivato in aereo, e il restante 4,1% attraverso i valichi ferroviari in Friuli Venezia Giulia (quest'ultimo è un dato a decorrere dal 10 marzo).

Nei primi 40 giorni di guerra sono entrate in Italia in media 2mila persone al giorno.

 

Di queste, il 51,5% erano donne (42.879 persone), il 10,3% uomini (8.851) e il 38,1% minori (31.670). Secondo quanto comunica il ministero dell'interno, le città di destinazione dichiarate all'ingresso in Italia sono Milano, Roma, Napoli e Bologna.

Al momento non vengono rilasciati i dati di quanti profughi ucraini siano attualmente ospitati nel sistema di accoglienza. Inoltre, come abbiamo denunciato più volte, sul cruscotto giornaliero del ministero dell'interno vengono pubblicati quotidianamente solo i dati relativi agli sbarchi via mare, e non gli ingressi via terra, come nel caso dei migranti provenienti dalla "rotta balcanica", o da poco più di un mese, dall'Ucraina.

Pochi ucraini ricorrono all'accoglienza

Pur mancando dati organici messi a disposizione dalle amministrazioni pubbliche, torna nuovamente utile l'audizione di Lamorgese. La ministra afferma che delle 75.115 persone arrivate in Italia al 29 marzo scorso, solo 5.600 risultano inserite nel sistema di accoglienza. Di queste 5.301 sono nei centri di accoglienza straordinaria (Cas) e 299 nel sistema di accoglienza e integrazione (Sai). Meno di un profugo ucraino su 10, insomma, entra in un centro.

7,46% degli ucraini entrati in Italia dal 24 febbraio al 29 marzo 2022 hanno aderito al sistema di accoglienza.

 

Quindi parliamo, almeno finora, di un numero di posti occupati inferiore rispetto a quelli finanziati recentemente dal governo: 8mila, come abbiamo raccontato nei giorni scorsi.

Se in pochi hanno aderito all'accoglienza, in pochissimi hanno richiesto la protezione internazionale.

 

I motivi per i quali una così bassa quota di rifugiati decide di non entrare nel sistema di accoglienza sono diversi. Uno delle principali è dovuto alla presenza di una folta comunità ucraina che già viveva nel nostro paese prima del conflitto. Al 1 gennaio 2021, infatti, gli ucraini in Italia erano 255mila, e costituivano la quinta comunità straniera più popolosa, dopo quelle provenienti da Romania, Marocco, Albania e Cina.

Questo ha fatto sì che con l'invasione russa si attivassero, in Italia come in Europa, numerose reti familiari e sociali da parte degli emigrati ucraini che già vivevano fuori dal loro paese di origine.

Infine, un ultimo elemento riferito dalla ministra Lamorgese è indicativo: al 29 marzo le domande di protezione internazionale presentate erano solo 679. Si tratta di un dato che da un lato restituisce la speranza di molti di poter tornare presto in patria, e dall'altro dimostra quanto la stragrande maggioranza delle persone fuggite punti alla protezione temporanea prevista dalla direttiva 55.

 

 

 

 

 
 

Stengel is the former Editor of TIME, an MSNBC analyst and the author of Mandela's Way, a book about his work with the South African president, and Information Wars: How We Lost the Global Battle Against Disinformation.

They walk off the bus slowly, tentatively. Young women holding the hands of small children. Grandmothers right behind carrying over-stuffed suitcases—or dragging garbage bags of clothes. All the mothers wear sneakers. There are a handful of old men, hunched over. Quite a few dogs, mostly small ones, none barking. The passengers barely lift up their eyes. Everyone looks beaten down, exhausted. A Polish volunteer greets them and is blowing bubbles for the children, but the kids don’t seem intereste

This is the main entry station on the Polish border, in Hrebenne, for Ukrainian refugees. It’s one of the largest of eight Polish entry points for the more than two million Ukrainians who have journeyed to this nation of 38 million people. Normally this place is a passport control area, but these days, Ukrainians don’t need passports to enter, just any kind of identification that they are Ukrainian. A driver’s license. A phone bill. There are cardboard boxes of used clothes—and toys. There’s a room with coffee, cheese sandwiches, and a giant tin of fresh pierogis. They will be processed by a dozen or so mostly Polish volunteers, who are unfailingly patient and refer to the refugees as “guests.” They have left Ukraine, but many, too many, do not know where they are going.

Most of the people on this bus are from Kharkiv, in northeast Ukraine, where the Russian bombing has been relentless and unending. A 30-something woman in a pink Superdry parka and a Nike baseball cap with long, brightly polished fingernails walks toward where we are waiting. I kneel down to pet her beautiful Rhodesian Ridgeback, which is leashed and muzzled. She said she had just escaped from Kharkiv.

“I didn’t want to leave,” she said. “When the bombing started, I first went to a school, thinking it would be safe. And then the Russians bombed the school. Then I stayed in a basement for weeks. I kept thinking the bombing would stop.”

But when her house was destroyed, she decided she had to leave with her mother, and what she called “my baby,” her dog. She has a husband and a brother who are still there. Her husband stayed to fight. She smiled ruefully and said her brother was too skinny to fight. She seems a little dazed.

“I can’t understand it,” she said. “It seems impossible that it is happening.”

And then, looking up at all of us.

“Why can’t he be stopped?”

 
Ukrainian refugees at the Polish-Ukrainian border crossing in Hrebenne, Poland March 14.
Wojtek Jargilo—EPA-EFE/Shutterstock

I was in Poland with a team from CARE, the global humanitarian organization where I’m on the board. We accompanied CARE’s CEO, Michelle Nunn, who was visiting this start-up Polish operation for the first time. CARE is financing the work at this greeting center, which is being run and staffed by a nimble local partner, Polish Humanitarian Action (PHA). Inside the simple two room center, there’s a place where the refugees can register for cash assistance ($1500 a month for a family of four).

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The Polish Humanitarian Action team here in Hrebenne is led by a fellow named Dariusz, who is a former colonel in the Polish army. He’s stocky, with a shaved head, and a clipped but sympathetic manner. He said they’ve had as many as 3,000 refugees in a day, but never fewer than three hundred. More than 90% are women and children. Most come by bus, some by car, quite a few on foot. In the beginning, there were a lot more cars with well-to-do families who had destinations and contacts. Always, there are the children. Darius said one mother had arrived with a two-day-old baby. There have also been all kinds of pets, Dariusz said, including snakes. Yesterday, there were two parrots.

But, now, it is the 53rd day of the invasion, and the refugees have fewer choices. This second wave is older, poorer, sicker, more vulnerable. We see a number of disabled people. These are people from the east, who have been traumatized by bombing. “We don’t push them,” Darius said. “We let them catch their breath.”

One woman with four young children and a diamond nose stud came up to my translator and asked in Ukrainian, “Where should I go?”

Translator: “You mean in Poland?”

The woman said, “No, anywhere.”

Many seem lost. Not sure where even the next stop is. Very few of them speak Polish. There are other buses to take them to Warsaw, which is about a four-hour drive. Some of the refugees were meeting family and friends in Warsaw. I met a young mother and her son who said they were going to Austria. Another family says they are going to Germany. They all have a three-month window where they can travel anywhere in the E.U. without needing a visa or to apply for asylum. Dariusz pointed out a young mother and her three children who were going to Ireland, where a family offered them a place to stay.

Poland has been generous in accepting Ukrainians. One of five people in Warsaw is now Ukrainian. The Poles seem moved by the plight of the Ukrainians. There are blue and yellow flags all over the city of Warsaw. Yes, you hear a few complaints that the Ukrainians are taking Polish jobs. But most have the attitude, there but for the grace of God goes us.