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 IO E MIO PADRE

 

PRIMI AMORI

 

Ero giovanetta ora e con le amiche della stessa eta`facevamo ingénui sogni di gioventu`.

Sapevo che i giovanotti  mi notavano e come ogni fanciulla di quella eta`mi compiacevo dell’attenzione . Chissa`chi credevo di essere.

Mia madre lo sapeva e mi aveva assolutamente proibito di parlare a qualsiasi ragazzo. Allora i ragazzi mandavano la “ambasciata” da una amica fidata.

Abitare in piazza era un tormento. Mamma mi diceva sempre di non andare in piazza, cosa molto difficile se gia` era li che abitavamo.

Appena mi affacciavo o mettevo piede fuori la porta, se qualche ragazzo si voltava venivo ripresa e dovevo rientrare subito. Ma la gioventu`si illude crede di essere invincibile e di saperne una piu`dei genitori. Ero lusingata dai ragazzi che mi chiedevano l’appuntamento in segreto. Per non dar sospetti andavo fuori con le amiche la domenica pomeriggio dopo la lezione di religione e la consueta visita al cimitero con le suore.

Sapevo che anche loro si trovavano nei stessi miei panni. I ragazzi sapevano dove trovarci e venivano incontro. Si soffermavano a parlare un momentino poi procedevano per conto loro.

Quando rientravo trovavo sempre mio padre torvo e mia madre agitata. Mi interrogavano, sapevano con chi avevo parlato e dove ero stata. Io negavo invano e pensavo che forse una delle mie amiche aveva parlato.

Le punizioni variavano da : “tu non uscirai piu`!” a qualche ceffone.

In quei momenti entro me stessa mi proponevo di fare la brava. Avrei pulita tutta la casa, avrei aiutato con i pasti, avrei stirato il bucato. Tanto avrei fatto per riacquistare la fiducia dei miei genitori. Ero spaventata  e piena di buone intenzioni ed andava bene fino alla domenica. Quando le amiche mi portavano l’ambasciata cedevo di nuovo e con loro andavo a fare la passeggiata dove avremmo di sicuro visto i ragazzi. Fu una di quelle domeniche che quando rientrai, appena misi piede dentro, trovai mio padre che mi aspettava dietro la porta. Mi allento`un ceffone che mi fece girare il capo e mi lascio`senza respiro. Di nuovo sapeva tutto dove ero stata e con chi avevo parlato. Sentivo una paura inquietante a sapere che lui  aveva visto e sapeva senza muoversi da casa. Il pensiero mi assillava mi tormentava .

Lo guardai con occhi sbarrati. Non dissi niente e me ne andai sopra a piangere dentro la stanzetta e chiusi la porta. Ero smarrita mi sentivo come naufragare in un mare di dubbi e incomprensioni e senza alcuna speranza che qualcuno mi buttasse una fune di salvataggio. Ero cattiva, disubbidiente,indegna dell’amore di mio padre. Mi sembrava di sentire tutto il paese bisbigliare male di me. Ero completamente sola.

A distanza di 50 anni mia sorella Iole mentre in famiglia parlavamo di quei lontani tempi mi rivelo` un mistero che mi aveva perplessa da tanti anni.  Mi disse che papa` la domenica le prendeva la mano e diceva : “andiamo a vedere dove sta Delia” poi salivano in terrazza e col binocolo scrutavano finche` non mi trovavano. Ecco perche sapeva sempre dove ero e con chi.

 

 Delia Socci Skidmore