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A SETTEFRATI , UN TEMPO .....

 

 

PELLEGRINAGGIO A MONTECASSINO

                              

Mio padre aveva un camion per trasportare materiale come rena breccia cemento: nel dopo guerra la gente del Paese ricostruiva piano piano.

Quel giorno a Montecassino c’era una grande festa non ricordo quale e si aspettavano visite numerose. Mio padre aveva  messo a disposizione dei paesani il suo camion. Avrebbero guidato lui e zio Paolo. Le suore del paese accettarono  subito come anche altri paesani. Mio padre mise un paio di panchette sul camion per sedersi .Io non mi contenevo dalla gioia di andare a Montecassino per vedere quel posto che aveva avuto tanto importanza nella mia vita. .Ci avviammo di mattina presto,  a digiuno per poter ricevere la Santa Comunione. Con noi portavamo canestrelli e fagottini ( mappate si diceva in dialetto) di vivande. Per strada ci imbattemmo con altri paesani che si erano avviati a piedi prima dell’alba. Quando l’incontravamo mio padre si fermava e li faceva salire .Ben presto il camion  fu pieoa stracarico di gente pigiata l’uno dietro l’altro. Fu un impresa non facile salire la strada  di Montecassino, tortuosa e ma messa ancora dalla guerra che era passata con tutta la sua furia selvaggia. Ma mio padre e mio zio avevano guidate camion nelle foresti vergini dell’Africa e salite e discese montagne senza sentieri e attraversato fiumi sopra ponti fatti con barchette legati con funi .Quindi erano esperti e non si preoccuparono  di salire una strada gia tracciata. Io e mia madre sedevamo dentro con loro. Arrivati al Monastero mio padre e mio zio scesero prima per aiutare gli altri a scendere dalla camion. Anche le suore gli diedero la mano per scendere. Ma quando mio padre vide la folla di gente che scendeva dal camion ne fu molto sorpreso forse non si era reso conto di quanti paesani aveva raccolto per strada. Ricordo che si volto a zio Paolo si gratto’ il capo e disse : “ma do` su` scite tutt chiste” Mio zio sorrise .Intanto cominciammo ad entrare in chiesa per cercare un padre confessore. Ce ne erano tanti sia nei confessionali  sia ai lati della chiesa seduti ai banchi. La chiesa era gremita di gente. Camminavano su e giu` e guardavano i danni che aveva subito e gli sforzi dei pazientissimi e devoti monaci che stavano rimettendo tutto insieme briciola per briciola. Fatta la confessione ci sedemmo per aspettare la celebrazione della Santa Messa. Agli Altari laterali le messe erano gia arrivati a vari punti.  Noi aspettammo la Messa Cantata. Fu una messa solenne a tre preti assistiti da tanti chierichetti. Facemmo la comunione con tanto raccoglimento, poi la benedizione finale.Uscimmo, c’era una fontanella  fuori dove andammo a sciacquarci la bocca come era norma di fare in quel tempo. Finalmente potemmo sederci a mangiare. Scioglievamo i nostri cesti e “mappate” e mangiammo con gusto e fame. Ricordo che i contadini avevano ricotta, formaggio pane fresco e una generosa scorta di vino.

 

Dopo aver mangiato ci mettemmo a fare il tour del Monastero. Vedemmo la Loggia Grande crivellata di buchi di proiettili di bombe e cannonate. Le porte di bronzo anche tutte ammaccate e crivellate. I monaci benedettini si prestavano a spiegare il significato dei disegni nei bronzi e dare un dettagliato racconto della guerra. Visitammo la tomba di San Benedetto e Santa Scolastica. Le tombe erano miracolosamente rimaste illese dalla quasi completa distruzione del Monastero.

 

 

 

Delia Socci Skidmore